Minori in difficoltà

Bimbo Migrante

MIGRANTI DISABILI, I DOPPIAMENTE INVISIBILI

Le discriminazioni alle quali sono sottoposti gli immigrati nei vari ambiti della vita sociale sono ultimamente divenute strutturali e addirittura “legali”, a causa dell’adozione di veri e propri modelli di segregazione sociale e occupazionale degli stranieri e a causa delle normative nazionali e locali (dai “pacchetti sicurezza” alle ordinanze di certi Enti locali) che formalizzano una vera e propria emarginazione squalificante, che li tiene strutturalmente schiacciati, preda della criminalità e dello sfruttamento.

In questo articolo abbiamo voluto approfondire la tragica situazione riguardante quella parte di popolazione immigrata che è inoltre costretta a combattere con alcune forme di disabilità; questo per poter constatare i processi di esclusione derivanti da un doppio stigma sociale. Sebbene i dati sul fenomeno siano ancora poco conosciuti e indagati, l’attenzione verso i migranti con disabilità è sicuramente cresciuta negli ultimi anni. Il dibattito internazionale ha tracciato i princìpi su cui basare gli interventi verso queste persone permettendo di offrire, da un lato, un’opportuna tutela dei diritti umani, dall’altro, ha definito gli elementi tecnici su cui operare, attraverso linee guida precise e puntuali. Se questo è il quadro internazionale, la ricaduta in termini di pratiche nazionali è ancora lontana dall’essere soddisfacente.

Scarsa è la competenza di chi opera nel settore, restano ancora lontani dall’essere risolti gli elementi essenziali su cui intervenire: accessibilità dei soccorsi e delle accoglienze, rispetto dei bisogni e dei diritti specifici, capacità di garantire eguaglianza di opportunità e non discriminazione, sostegno alla piena inclusione.

Il “distanziamento sociale”, parola che è stata sulla bocca di tutti nell’ultimo anno e mezzo per contrastare l’inatteso dilagare su scala mondiale del Covid-19, in Italia è stata una pratica abbondantemente messa in atto nei confronti degli immigrati da molto prima dell’avvento della pandemia, contagiando la mentalità e il clima sociale e culturale; un distanziamento che si è tradotto in una tendenza a tenerli quanto più “fuori” dai nostri ambiti di vita e a renderli il più possibile “invisibili”. La legislazione nazionale sull’immigrazione non ha infatti provato a gestire l’immigrazione in maniera costruttiva come invece è stato fatto in altri paesi europei.

 

mamma migrante

MA QUAL È LA CONDIZIONE DEI MIGRANTI CON DISABILITÀ?

L’invisibilità delle persone migranti con disabilità si è consolidata nel tempo agli occhi dei cittadini italiani. Invisibili nei temi connessi allo sviluppo, invisibili nelle battaglie che le associazioni fanno per la promozione e tutela dei diritti, invisibili nella condizione giornaliera di persone soggette a limitazione alla partecipazione alla vita di comunità a causa di ostacoli, barriere e discriminazioni. Sono donne e uomini, ragazze e ragazzi che spesso diventano disabili durante le mille insidie che accompagnano i loro viaggi di arrivo nel nostro paese: attraversare deserti, montagne, mari implica un incredibile stress e immensi rischi; essere sottomessi a violenze e abusi, soprattutto le donne, sottostare a pratiche disumane nelle carceri e nei centri di raccolta di alcuni paesi nord africani, come la Libia; dipendere da trafficanti di esseri umani crudeli e spietati, dipendere da persone che vivono in Italia che le utilizzano per lavori in nero e sottopagati o per la prostituzione.

Le condizioni che producono violenze, le situazioni che colpiscono la loro dignità di persone, i continui ricatti a cui sono sottoposti per sopravvivere producono traumi forti e profondi che colpiscono la loro salute mentale, innescando processi di turbamenti dell’equilibrio psicofisico spesso irreversibili. Discriminati come migranti, invisibili come persone con disabilità. La condizione perciò è complessa, perché alla discriminazione derivata dalla loro condizione iniziale di non essere cittadini italiani (e quindi di veder violati i loro diritti umani nella possibilità di accedere al suolo italiano o, a volte, alle acque di competenza del nostro stato), si mescola lo stigma della loro provenienza nazionale, della loro appartenenza religiosa, del colore della pelle, delle tradizioni culturali e della differente cultura. Per cui la condizione di disabilità è spesso una caratteristica che andrebbe accertata fin dalla prima accoglienza al fine di poter programmare un intervento strutturato e disporre, di conseguenza, un percorso assistito in ambito sanitario, legale, abitativo, sociale, ecc. la persona sarebbe così individuata all’arrivo come portatrice di un’esigenza specifica e non più oggetto di ulteriori individuazioni in ogni fase del suo percorso migratorio in Italia, spesso con molti ritardi.

honduras dokita

HONDURAS – IL DIRITTO DI RICOSTRUIRSI UN FUTURO

Dokita lavora in Honduras da oltre dieci anni, una tra le organizzazioni umanitarie che opera da più tempo nel paese. L’Honduras è un paese che versa in una situazione di estrema povertà tanto da essere al 132° posto nella lista dei paesi per sviluppo umano, avanti solo ad Haiti nel continente americano (indice comparativo dello sviluppo dei vari paesi calcolato tenendo conto dei diversi tassi di aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo pro capite, divenuto uno strumento standard per misurare il benessere di un paese).

Inoltre l’Honduras ha anche un alto tasso di omicidi. Circa 40 per 100.000 abitanti, ovvero più di 4.000 vittime di morte violenta ogni anno. La violenza, purtroppo, prospera nei contesti in cui c’è forte povertà, molteplicità di problemi sociali, mancanza di lavoro, forte corruzione e grandi violazioni di diritti umani.

Negli anni Dokita ha realizzato progetti finanziati da Caritas e Chiesa Valdese per formare donne e giovani in attività produttive, ed ha appoggiato il centro Don Bosco, nella periferia della capitale Tegucigalpa in un’area ad alta incidenza criminale e di forte coinvolgimento dei giovani in bande chiamate maras, vere e proprie organizzazioni mafiose molto sanguinarie.

La storia recente ci ha mostrato come, di fronte alla violenza criminale lo Stato abbia risposto con altrettanta violenza e spesso violando gli elementari diritti umani della popolazione. Non è un caso che varie associazioni siano attive per supportare azioni volte al rafforzamento dello stato di diritto e per il rispetto dei diritti umani. Nel 2011 l’Unione Europea ha appoggiato Dokita con un progetto pluriannuale di formazione professionale a donne recluse nel carcere di Tegucigalpa e nello stesso tempo migliorare la situazione di diritti che sarebbero dovuti già essere riconosciuti all’interno della struttura.

Da qualche mese Dokita ha concluso un importante progetto sul miglioramento dell’accesso alla giustizia di gruppi più vulnerabili. Abbiamo lavorato per migliorare le condizioni di vita e per il rispetto delle tutele dei detenuti appoggiando anche le differenti pastorali carcerarie della Caritas. Il progetto, cofinanziato dall’Istituto Italiano per l’America Latina, si è concluso con molto successo nel 2020 e si rivolgeva soprattutto ai giovani in conflitto con la legge. Oltre ad aver costruito un modulo abitativo per i giovani residenti del Centro di Jalteva, abbiamo fornito l’attrezzatura per un laboratorio di panetteria e un altro di formazione professionale. Inoltre, assieme all’Istituto Nazionale per la Gioventù Infrattora (INAMI), è stato realizzato un protocollo di attenzione per gli operatori in modo da salvaguardare i diritti dei giovani e proiettare il periodo di privazione della libertà in un momento riabilitativo e formativo e non solo un inutile castigo.

Negli anni abbiamo organizzato una rete di organizzazioni che collaborano per la preparazione di una proposta di legge sulla giustizia restaurativa da presentare in Parlamento, cosi come l’organizzazione di corsi e formazioni a funzionari.

Da oltre un anno stiamo realizzando il progetto JUSTAMENTE Riforma del sistema penale minorile e modelli innovativi di prevenzione terziaria per la diffusione della cultura riparativa in Honduras finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in consorzio con la ONG MLAL, Fondazione Don Calabria e Antigone. Questo progetto appoggia il sistema di giustizia minorile cercando di migliorare i meccanismi di attenzione ai giovani e promuove pratiche alternative alla detenzione. Stiamo organizzando corsi di specializzazione in giustizia penale minorile per giudici, difensori pubblici e polizia e sono previste tante altre attività a favore di questi giovani svantaggiati. Il progetto si concluderà nel 2022 e si estenderà su tutto il territorio nazionale. Dokita è diventato un punto di riferimento in questo ambito e collabora con molte istituzioni del governo come INAMI e Conaprev (comitato nazionale contro la tortura) e con organismi non governativi come il CPTRT (Centro contro la tortura).

Come se non bastasse, la pandemia di coronavirus non ha risparmiato l’Honduras, infatti le restrizioni – dato che molte famiglie vivono di un’economia informale e di piccoli ricavi giornalieri – hanno provocato importanti danni economici riducendo alla povertà vari settori della popolazione. La percentuale di decessi, rispetto a tante altre nazioni resta più basso, superando di poco i 4000 su una popolazione di 9 milioni di abitanti.

Anche per i ragazzi con cui lavoriamo il disagio è stato grosso. Per ragioni di sicurezza sanitaria le visite dei familiari sono state sospese, ma fortunatamente il ministero di giustizia ha deciso di far tornare a casa, dalle proprie famiglie, circa la metà dei giovani reclusi, riducendo così il numero di detenuti a poco più di 200. Grazie a queste strette misure messe in atto i centri pedagogici nei quali lavoriamo non hanno registrato contagi.

 

PERÙ, IL RACCONTO DELLA NOSTRA COOPERANTE

Dokita dal 2002 in Perù si è concentrata principalmente sulla realizzazione di azioni di sostegno socio-educativo nella provincia di Huarochiri, in particolare a Santa Eulalia. In queste zone la maggior parte delle famiglie è sostenuta da attività agricole e zootecniche. Il basso tasso di scolarizzazione e l’alta percentuale di disoccupazione nella zona, ha aumentato esponenzialmente il tasso di povertà. Tante famiglie sono state costrette a migrare dalla città alle comunità rurali o a cercare sostegno attraverso l’aiuto delle organizzazioni.

Noi del team Dokita in Perù, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le dinamiche che hanno spinto queste famiglie a cambiare vita alla ricerca di un reddito minimo che permetta la loro sussistenza familiare. È triste e scioccante sentire le testimonianze di bambini che raccontano le ore di cammino che devono fare quotidianamente in mezzo alle montagne, tra pioggia e freddo, con l’unico obiettivo di raggiungere l’aula per imparare a leggere e scrivere. Ci troviamo di fronte ad una realtà che non è riflessa negli indici economici che il Perù mostra al mondo, c’è un Perù pieno di bisogni, un Perù che ha bisogno di grande collaborazione affinché la popolazione non sia colpita da fame, malnutrizione, anemia e altre malattie.

Durante questo periodo di emergenza abbiamo chiesto a Angela Castañeda, nostra cooperante in Perù per sapere come i bambini e le famiglie stanno vivendo questa delicata situazione.


Angela raccontaci in cosa consiste il progetto che Dokita ha realizzato in Perù ?

Un caro saluto a tutti i lettori e sostenitori di Dokita. Voglio subito ringraziarvi di cuore per l’aiuto che ci date e che ci permettete di dare a tante persone meno fortunate. Tutti i beneficiari, dopo aver ricevuto il nostro supporto, ci ringraziano attraverso un gesto o un sorriso di gratitudine. Una gioia che vale la pena ricevere dopo il lavoro, la pianificazione e lo stress legato agli sposatmenti.
In Perù, in particolare nell’area urbana di Santa Eulalia e nella valle circostante – che comprende 22 villaggi montani – in stretta collaborazione con la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, Dokita ha costruito il centro IDEAL (Instituciòn de Desarrollo Alternativo Laboral) all’interno del quale vengono gestiti corsi di formazione professionale, di integrazione sociale/lavorativa per gruppi vulnerabili e vengono offerti diversi progetti educativi che negli anni hanno raggiunto più di 5.000 soggetti a rischio.
Queste aree, isolate dai grandi centri urbani, sono caratterizzate da un estremo tasso di povertà e vulnerabilità che rendono impossibile per la popolazione accedere ai servizi primari.
Dal 2011, Dokita è presente nel paese con una propria sede nella città di Lima.

Come ha influito l’emergenza Covid?

La pandemia covid-19 si è fatta sentire in Perù all’inizio di marzo e dopo qualche ora il governo ha decretato subito lo stato di emergenza sanitaria a livello nazionale, a partire dal 16 marzo 2020, imponendo l’isolamento sociale e limitando i diritti delle persone in materia di mobilità e vita sociale. Inoltre i confini sono stati chiusi sia per i peruviani che per gli stranieri.
Come in Italia, al fine di mitigare gli effetti e la diffusione della pandemia, sono state limitate le attività economiche, ad eccezione di quelle essenziali, ossia quelle legate al cibo, alle forniture mediche, al personale sanitario e alle forze dell’ordine pubblico. A giugno il Governo ha poi avviato un piano di riattivazione economica che ha progressivamente autorizzato diverse attività a riprendere le proprie funzioni, aderendo e accreditando l’attuazione dei protocolli di sicurezza.
A causa dell’elevato aumento della disoccupazione, le famiglie che abitavano abitualmente in città sono state costrette a rientrare nelle loro comunità contadine dove le condizioni di alloggio, cibo e istruzione non sono sempre soddisfatte.
Il Ministero dell’Istruzione, da marzo ad oggi, ha sospeso le lezioni frontali a livello nazionale, che sono state sostituite da classi virtuali. Purtroppo questa tipologia di gestione non è fattibile nelle zone in cui opera Dokita, a causa delle difficoltà di connettività esistenti nelle zone rurali.
In questo scenario, durante gran parte del periodo di pandemia, lo sviluppo delle attività nella provincia di Huarochiri è diminuito.
Fino al 21 novembre 2020 ci sono stati quasi 950.000 contagiati, di cui circa 870.000 già dimessi e 35.000 purtroppo deceduti.

Sappiamo che in Perù viene data molto importanza a “La giornata dei bambini”. Come sono andati i festeggiamenti quest’anno?

Il Congresso della Repubblica del Perù, con una legge del 2002, aveva scelto la seconda domenica di aprile come data ufficiale per festeggiare “La Giornata dei Bambini” ma successivamente è stato stabilito che si sarebbe festeggiata la “terza domenica di agosto”, che è la data in cui si festeggiano in generale tutti i bambini.

Lo scorso Agosto, visto lo stato di emergenza, le diverse istituzioni pubbliche e private non hanno sviluppato le attività di celebrazione. Le norme stabilite dal governo non consentivano assembramenti, così ogni famiglia ha celebrato la festa nell’intimità del proprio nucleo familiare. Solitamente i festeggiamenti si svolgono con massicce attività organizzate nei comuni che, oltre a celebrare i bambini del Perù, consentono di promuovere e sensibilizzare la società al benessere e ai diritti dei bambini nel mondo.

Approfitto di questa domanda per sottolineare che, nonostante le attuali avversità, dobbiamo essere consapevoli che i bambini sono il futuro del Perù. Il futuro del paese dipende da loro ed ecco perché, secondo me, ogni giorno dell’anno dovrebbe essere la Giornata dei Bambini.

 

 

In questi mesi il centro IDEAL ha messo a disposizione il suo personale, i suoi spazi e le sue competenze per essere d’aiuto alla popolazione locale. La speranza è che la situazione in Perù e nel mondo migliori presto e che il centro torni a fornire tutti i servizi che svolge ormai da anni. Inutile dire che la crisi ha fatto diminuire i fondi da poter inviare su questo ormai stabile progetto e per questo vi chiediamo di continuare ad aprire il vostro cuore scegliendo di sostenerci. Farlo significa dare respiro alle famiglie a basso reddito, aiutare bambini e adolescenti che mostrano ogni volta gioia ed emozione nel ricevere piccole attenzioni dal nostro personale. Vuol dire dimostrare con azioni concrete che la generosità e la gentilezza delle persone esiste.

 

Progetto GetAP! – I nuovi incontri (26, 28 e 30 Ottobre)

Il nostro impegno continua!

I passi già compiuti…

Nell’ambito del progetto Get ap! Strategie per una cittadinanza globale dell’Agro Pontino, abbiamo già realizzato cinque incontri nelle città di Fondi (04/12/2019), Formia (05/12/2019), Sabaudia (11/12/2019), Terracina (12/12/2019) e Latina (17/12/2019), con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni e della società civile, per un momento di confronto su alcune tematiche collegate al fenomeno migratorio e intrecciate con lo sviluppo sostenibile a livello locale e transnazionale.

Da questo momento di confronto e co-progettazione, dall’esperienza diretta e dalla sensibilità dei partecipanti ai Tavoli Multistakeholders, è emersa la fotografia di cinque realtà diverse, quelle delle città visitate, in tutta la sua concretezza e complessità: precarietà di vita e carenza di soluzioni e strutture adeguate, difficoltà nella mediazione linguistica e culturale, assistenza sanitaria insufficiente e sfruttamento sul lavoro… ma anche solidarietà, impegno e tanta voglia di mettersi in gioco.

 …e i passi ancora da compiere, insieme!

 ed è proprio da questa fotografia che ripartiremo, dopo la parentesi Covid e quella estiva, per nuovi confronti, anche alla luce dei recenti avvenimenti che hanno stravolto il mondo intero, nel tentativo di favorire l’individuazione di eventuali strategie e / o soluzioni da mettere in campo per una gestione più umana e solidale della questione dell’immigrazione e dell’inclusione sociale dei migranti.

 

Gli incontri online si terranno

  • Lunedì 26/10/2020 alle ore 18:00 – Giovani e Nuove Generazioni
  • Mercoledì 28/10/2020 alle ore 18:00 – Accoglienza e Integrazione
  • Venerdì 30/10/2020 alle ore 18:00 – Lavoro e Sviluppo Locale

 

GetAP_TRACCE TAVOLO GIOVANI

GetAP_TRACCE TAVOLO ACCOGLIENZA

GetAP_TRACCE TAVOLO LAVORO

 

*Per partecipare* 

A causa delle restrizioni anti-contagio, non ci sarà possibile riunirci fisicamente come per i precedenti incontri, ma ci incontreremo virtualmente in una delle stanze online di Google Meet – la piattaforma di Google per le riunioni online.

 

Invieremo il link tramite mail a tutti coloro che si registreranno all’evento, per questo abbiamo bisogno di alcuni dati

 

–  Nome _________________ Cognome _________________

–  Istituzione rappresentata (facoltativo)  _________________

–  Indirizzo mail al quale si desidera ricevere il link _________________

–  Numero di telefono _________________

– Tavolo/i di interesse (siete i benvenuti su tutti i tavoli disponibili)

  • Giovani e Nuove Generazioni
  • Accoglienza e Integrazione
  • Lavoro e Sviluppo Locale

 

 

Aspettiamo la vostra mail di conferma!

A presto con GetAp!

MIGLIORAMENTI INFRASTRUTTURALI E FORMAZIONE IN AMBITO DEL RISCHIO DISASTRI NEI DISTRETTI DI BAGUA E BANAHAO

Miglioramenti infrastrutturali e formazione in ambito del rischio disastri nei distretti di Bagua e Banahao

Dokita, è presente nelle Filippine da più di 15 anni in varie aree e settori del Paese: a Quezon City (Manila) opera nel settore delle disabilità; a Cebu, nel settore dei minori e a Catarman (Samar), nell’ambito di un progetto di emergenza umanitaria, nel settore delle donne e minori. Nel 2013, a seguito del passaggio del Tifone Hayan, Dokita si è da subito attivata per offrire sostegno alle vittime del Tifone nel nord di Samar, offrendo supporto sanitario, supporto nutrizionale e supporto nella ripresa economica delle famiglie più povere dell’isola, oltre ad attività di ristrutturazione di edifici comunitari come scuole e cliniche mediche.

Alla fine dell’intervento di emergenza, attraverso una successiva analisi e valutazione dei bisogni della popolazione, sono state riscontrate alcune criticità nei villaggi di Bagua e Banahao, come la totale inagibilità di un edificio scolastico, distrutto dal tifone Hayan, e la necessità, fortemente sottolineata dalla comunità locale, di un centro di evacuazione polifunzionale/scuola, adeguatamente attrezzato, per rispondere alle emergenze in caso di evacuazione dalle proprie case. Inoltre, in entrambi i villaggi, si è riscontrata la mancanza di edifici (case e scuole) sicuri a fronte di forti tormente o passaggio di tifoni, e la mancanza di un’ adeguata preparazione, nonché di attrezzature, per far fronte a futuri disastri naturali.

Questi punti critici ci hanno spinto a non abbandonare la popolazione colpita e a portare avanti il nostro intervento con un successivo progetto, realizzato grazie al contributo della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, che mirava alla riduzione della vulnerabilità della popolazione locale, formata per la sua maggioranza da persone a basso reddito.

L’intervento, mirava alla protezione dei rifugiati e alla riduzione del rischio di catastrofi nelle Filippine, in particolare nella comunità di Bagua e Banahao (municipalità di Guiuan). Importante è stata l’incrementazione della resilienza delle infrastrutture e l’aumento della capacità di risposta di oltre 1.200 persone ai fenomeni atmosferici di elevata intensità, con particolare attenzione ai gruppi vulnerabili di disabili, donne e minori. Nello specifico, il progetto prevedeva:

  • La riabilitazione di 1 scuola a Bagua;
  • La costruzione di 1 centro di evacuazione polifunzionale/scuola a Banahao, che e stato appunto adibito a scuola nelle situazioni ordinarie;
  • La realizzazione di 1 corso per la preparazione per 1.200 persone sulla prevenzione e riduzione del rischio in caso di fenomeni atmosferici di alta intensità;
  • L’incrementazione della sicurezza di 200 abitazioni a Bagua e Banahao;
  • La produzione e la distribuzione di materiale divulgativo sulla prevenzione del rischio e l’organizzazione di 2 giornate di simulazione del rischio catastrofe  ambientale.
  • Tutte le attività prevedranno azioni specifiche per la protezione, coinvolgimento e informazione delle persone con disabilità e minori.

300 famiglie

INFORMAZIONI PROGETTO

: Filippine, Minori in difficoltà
: Concluso
Finanziatore: Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo