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Le voci dal campo – Padre Leonard Lumfa dal Camerun

In questi giorni abbiamo raccolto la testimonianza di Padre Leonard Lumfa, religioso Concezionista e medico, che gestisce l’ospedale “Immaculate Conception” costruito dalla CFIC a Bamenda, Camerun. Ci ha rilasciato una toccante intervista in cui racconta la situazione della struttura, il drammatico contesto camerunense e le scelte che lo hanno portato a tornare nel suo Paese natale dopo anni di studio in Italia.

 

PADRE LEONARD LUMFA – Concezionista e Medico

– Gentile Padre Leonard, ci può parlare brevemente della sua vita, dei suoi studi in Europa e della scelta di tornare nel suo paese natale?

Un caro saluto a tutti i benefattori italiani. Sono Fratel Leonard, sono camerunense, missionario e medico dei Figli dell’Immacolata Concezione. Mi sono laureato all’università di Tor Vergata a Roma e dopo l’esame di stato ho deciso di tornare in Camerun dove Dokita svolge alcuni dei suoi progetti.
Attualmente lavoro come medico generale nell’ospedale di Bamenda. La città è martoriata da una guerra civile e la popolazione locale non ha la possibilità di acquistare medicine, neanche per i bambini e per le donne incinta. Insieme ad altri religiosi e infermieri facciamo il possibile per fornire supporto e cure al maggior numero di persone. Ho scelto la Congregazione perché ho sempre sentito dentro di me una voce che mi diceva di dover aiutare le persone più bisognose e gli ammalati del mio Paese.


– Qual è il rapp
orto di Dokita con la Congregazione e quanto è importante il nostro supporto?

Grazie a questa collaborazione Dokita riesce a supportare tante persone bisognose, non solo in Camerun, non solo in Africa, ma anche in tanti altri Paesi del Sud America e in Asia. Qui in Camerun fornisce un aiuto fondamentale agli orfani e ai disabili, dando loro nutrimento ed educazione, cose semplici ma che purtroppo non riescono a ricevere dalla propria famiglia. Svolgiamo opere caritatevoli per migliorare le condizioni di vita di chi soffre. Dokita permette a tante persone di buona volontà dei paesi più sviluppati, che non hanno però la possibilità di aiutare in prima persona in questi luoghi, di donare affinché si possa portare supporto ai più fragili. Il sostegno a distanza e le donazioni regolari, ad esempio, sono fondamentali per permetterci di pagare le tasse scolastiche, il cibo e le medicine a tanti bambini. Un modo per essere vicini anche da lontano. Grazie di cuore a nome di tutti coloro che ricevono l’aiuto.


– Quali altri progetti si potrebbero attuare per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale?

Tramite Dokita si potrebbero implementare i progetti già in atto per migliorare la vita deli bisognosi soprattutto in questa zona di guerra civile. Servono attrezzature, medicinali, raggi x e strumenti di laboratorio utili per ottimizzare le procedure di diagnostica. Intensificare i programmi di istruzione anche verso i disabili, perché solo con l’istruzione i bambini potranno riscattare la loro condizione. L’autosufficienza passa dall’educazione e dall’insegnamento delle materie fondamentali. Questi sono gli obiettivi che ci poniamo per il prossimo futuro, perché avere un mestiere significa avere il pane quotidiano e sentirsi utili per la comunità e per la società.

 


– Ci parli un po’ dell’ospedale che lei porta avanti?

Si chiama “Immaculate Conception Catholic Medichal Centre” costruito dalla CFIC e si trova a Bamenda, città fulcro della guerra civile, in pochi anni è stato ristrutturato un edificio già esistente ed attualmente ha degli standard molto elevati rispetto agli ospedali della zona. Gli ospiti dell’ospedale sono soprattutto bambini e donne incinta, grazie ad un progetto di Dokita finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, negli ultimi mesi stiamo ampliando il reparto maternità con l’installazione di nuovi letti e materassi. Tre stanze per la degenza femminile e tre per quella maschile entrambe con tre letti e un’altra con quattro letti per i bambini. Non è tanto grande ed ogni giorno è piena, ma cerchiamo di fare il possibile per accogliere più pazienti possibili. Abbiamo un laboratorio analisi che funziona molto bene e una sala operatoria ben attrezzata dove facciamo interventi chirurgici come ernie e appendicectomia. Ogni mese forniamo assistenza a circa 200 malati, ogni martedì si svolge la giornata di vaccinazione dei bambini e due volte a settimana giriamo per i quartieri per sensibilizzare ed educare alla prevenzione del Covid-19 e di altre malattie. Durante questo periodo di pandemia abbiamo avuto serie difficoltà. Abbiamo i kit per la diagnosi ma non abbiamo lo spazio per poter trattenere ed isolare i malati di covid. Per questo dopo aver diagnosticato la positività li portiamo in un altro ospedale di stato, maggiormente attrezzato per gestire il coronavirus. Nel corso del lockdown sono mancati parecchi rifornimenti di medicinali e di strumentazioni di laboratorio ed è stata molto dura per noi gestire la situazione.


– La guerra civile continua e purtroppo, nel mondo, se ne parla troppo poco. Ci racconta le conseguenze del conflitto sulla popolazione locale?


La situazione sociopolitica è complicata. Racconto brevemente la storia: il Camerun ha due lingue nazionali, francese e inglese, perché durante la colonizzazione una parte è stata colonizzata dalla Francia, French Cameroon, in cui si parla la lingua francese e la restante parte dall’Inghilterra, British Cameroon, più piccola rispetto alla prima in cui si parla inglese. Quando l’Inghilterra decise di rendere indipendente questa parte del Camerun, venne indetto un referendum per rendere il Camerun un unico stato. Possiamo quindi dire che le due parti compongono un unico paese, Il Camerun, in cui la parte anglofona rappresenta il 20%, la francofona la restante parte.
Dal novembre 2016 è in corso una violenta crisi che ha visto un’escalation militare, iniziata quando i cittadini delle regioni secessioniste hanno proclamato l’indipendenza di quello che è conosciuto come British Cameroon ed hanno annunciato la nascita del governo indipendente dell’Ambazonia. Questa decisione ha portato a un immediato scontro tra i separatisti e l’esecutivo di Paul Biya, da anni Presidente del Camerun. Gli scontri, come purtroppo sempre accade in queste situazioni, non hanno risparmiato i civili e neanche bambini e donne incinte.

I gruppi armati continuano a nascondersi nei boschi entrando spesso in città, distruggendo villaggi e sparando senza pietà. Proprio la settimana scorsa ci sono stati 4 morti e il 10 febbraio hanno bruciato una scuola frequentata da più di 200 bambini, per fortuna ne sono tutti usciti indenni. La popolazione non riesce neanche ad essere tranquilla nei mercati o nei terreni di coltivazione e questo comporta la mancanza di cibo e soldi per le famiglie. Tutto questo senza dimenticare che malaria e altre malattie, dovute alla mancanza di acqua pulita, continuano a mietere vittime e che tantissimi bambini non sono mai andati a scuola e l’ignoranza continua a crescere, per questo, qui nella struttura della Congregazione stiamo utilizzando una grossa sala come scuola.

Pochi giorni fa una ragazza stava per partorire durante una delle irruzioni delle bande armate, non potendo venire in ospedale, ci ha chiamato in lacrime. Io e il mio collega siamo usciti di corsa, senza pensare ai rischi, e grazie a Dio dopo circa un’ora la ragazza ha partorito, dando alla luce il piccolo Benin. Dio solo sa cosa sarebbe successo se non l’avessimo portata in ospedale. La situazione era davvero grave, non abbiamo un’ambulanza, ma una semplice macchina e potete capire la difficoltà di portare una donna, a pochi minuti dal parto, in queste condizioni. Purtroppo, non avevamo altre possibilità.

Concludo ringraziando la CEI e tutti voi che sostenete le attività di Dokita dall’Italia, perché è soprattutto grazie a voi benefattori che portiamo avanti la nostra opera. Come medico religioso prometto che continuerò a fare di tutto non solo per curare il corpo ma anche per curare le anime dei nostri assistiti, perché l’uomo è fatto di corpo ma anche di spirito. Continuiamo a pregare nella speranza di essere sentiti dal resto del mondo. Abbiamo bisogno di far sentire il grido del nostro popolo.

Camerun bambina

CAMERUN: LA GIOIA DI CAMBIARE LA VITA DEI BAMBINI

In Camerun essere un bambino disabile significa non avere la possibilità di accedere ai servizi medici e fisioterapici, non poter frequentare la scuola e non poter ricevere un’adeguata assistenza. Il 23% delle persone dai 2 ai 9 anni vive con almeno un tipo di disabilità sopraggiunta a causa di malattie come polio, malaria, lebbra e morbillo.

A causa della mancanza di strutture sanitarie adeguate attrezzate per accogliere bambini con bisogni speciali, la maggior parte dei bambini con fragilità vengono spesso emarginati dalla società e rifiutati anche dalle loro famiglie.

Per questo motivo, noi di Dokita, insieme ai missionari della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, abbiamo deciso di offrire supporto integrale ai bambini disabili offrendogli cure, istruzione e assistenza per l’inserimento nella loro società. Siamo presenti in Camerun dagli anni 70 con tre centri, il Foyer de l’Esperance a Sangmelina, il Foyer Perè Monti di Ebolowa e il Centro Prohandicam di Yandoù e grazie al loro svolto dai nostri missionari e operatori abbiamo aiutato tanti bambini con disabilità.

 

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ALCUNE STORIE A LIETO FINE

 

LA STORIA DI CECILIA

Cecilia, è stata una delle tante bambine ospiti al Foyer de l’Esperance a Sangmelima. È arrivata da Suor Laura, la nostra responsabile del Foyer, con entrambi i piedi ritorti, una grave malformazione congenita che in Camerun è molto frequente a causa della malnutrizione infantile. Grazie a Suor Laura, Cecilia è stata visitata da un dottore e ha intrapreso il suo percorso di riabilitazione per poter iniziare a camminare con le sue gambe. È stata ospite del Centro fino alla fine delle superiori, successivamente ha frequentato l’Università. Attualmente si trova in Polonia dove ha iniziato a lavorare e a vivere autonomamente.

 

 

LA STORIA DI EKOTTO BENJAMIN

Ekotto Benjamin, ha 24 anni. A 5 anni ha perso entrambi i genitori e ha passato la sua infanzia a casa della nonna insieme alla sorella. È arrivato al Foyer de l’Esperance da adolescente con diversi problemi. A causa della malnutrizione ha avuto, fin dalla nascita, forti mal di testa, problemi di attenzione e apprendimento e non riusciva a seguire le lezioni. Al Foyer ha iniziato a frequentare un corso di calzoleria per imparare a riparare scarpe, sandali, ma anche protesi e ausili per le persone con disabilità. Ora Ekotto ha finito il corso e riesce a lavorare autonomamente. Da poco Suor Laura
gli ha offerto uno spazio vicino al Foyer per trasformarlo nel suo negozio personale.

 

 

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INCLUDERE SI PUÒ – UN MONDO CHE ESCLUDE NON PIACE A NESSUNO

Il nostro lavoro per costruire una società più inclusiva per tutti attraverso corsi di formazione, attività ludico-didattiche e sensibilizzazione.

 

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Più di quattro anni fa a Terracina (LT) una nostra collega, insieme ad un gruppo di amici, ha deciso di fare qualcosa di concreto per migliorare la condizione delle persone con disabilità. Grazie a Dokita e ad un bando della Regione Lazio in pochi mesi è stato possibile avviare l’iniziativa “Natur-Ability: percorsi di inclusione a favore di giovani con disabilità nel territorio dell’Agro Pontino”.

Con il progetto Dokita garantiamo un’attenzione a tutto tondo ai ragazzi disabili facendoli integrare nella vita sociale con l’obiettivo di promuovere percorsi di inclusione socio-lavorativa in un’area della regione così ricca dal punto di vista storiconaturalistico e così fortemente caratterizzata da gravi deficit nell’erogazione di servizi basilari alle persone con disabilità. L’obiettivo principale del progetto è stato fin dall’inizio quello di ridurre il grado di emarginazione sociale dei ragazzi con disabilità del territorio e promuovere percorsi di inclusione sociale a loro favore.

Diverse sono state le attività intraprese:

• percorsi di “terapia occupazionale” con attività formative in materia di tecniche agricole e di allevamento con lo scopo sviluppare la capacità di agire del disabile, il miglioramento della sua salute e della qualità di vita, facilitandone la partecipazione alla società.
• laboratori di produzione e trasformazione di prodotti alimentari (confetture, sott’oli, sott’aceti, conserve, etc.), valorizzando prodotti tipici della tradizione gastronomica del territorio pontino.
• Realizzazione di un docufilm sul progetto e di alcuni spot di sensibilizzazione sulle tematiche trattate.

Tutte le attività sono avvenute sotto gli occhi attenti dello staff di progetto: responsabile, psicologa, psicoterapeuta, educatrice, formatore, tutor, assistenti.

In questo articolo vogliamo parlarvi in particolare di un’attività svolta dai ragazzi che ha riscosso un grosso successo sui social. Parliamo dello spot di sensibilizzazione sull’inclusione scolastica di ragazzi con disabilità sensoriale (sordità e cecità). Quello che abbiamo voluto far notare è che la capacità di una società di includere i propri membri più vulnerabili e svantaggiati passa attraverso semplici accortezze come, nell’esempio dello spot, la possibilità di inserire nelle classi un insegnante che conosca la lingua dei segni.

La disabilità è un fenomeno relativo, non assoluto, nella misura in cui una persona è considerata tale a seconda delle barriere, fisiche, culturali e mentali che la società stessa crea o abbatte al fine di rendere la propria comunità più inclusiva e accogliente.

Lo spot, in soli trenta secondi, ci racconta questo: un ragazzo normodotato, arriva in ritardo a scuola, entra in classe e, nel vedere l’insegnante usare la lingua dei segni, non riesce a capire nulla a differenza di tutti i suoi compagni “disabili” che invece capiscono benissimo ciò che la professoressa sta spiegando. A questo punto il ragazzo in difficoltà diventa proprio il normodotato.

Guarda subito lo spot: CLICCA QUI

 

 

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TESTIMONIANZE

“La cosa bella dello spot è stato notare come tutti siamo diversi. Il sentirsi “normale” in realtà dipende dal contesto ed è proprio questo che abbiamo fatto capire ai ragazzi: siamo tutti diversi con le nostre unicità, potenzialità e limiti.” “Lo spot mostra come, con un piccolo accorgimento, ossia la prof specializzata nella lingua dei segni, è possibile includere tutti.” (Sara – Prof dello spot)

“La cosa che mi è piaciuta di piu dello spot è che ti fa capire come è davvero semplice includere tutti. Lavorare con questi ragazzi simpaticissimi è stato emozionante e stimolante. In un certo senso siamo tutti un po’ particolari, io stesso faccio parte dei ragazzi con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) essendo discalculico” (Gabriele – Attore dello spot)

“Ho trovato un clima davvero familiare, ci siamo divertiti e le ore delle riprese sono volate. Di questa giornata porterò sempre dentro il clima, le risate e i volti dei ragazzi” (Alessandro – Attore dello spot)

Bimbo Migrante

MIGRANTI DISABILI, I DOPPIAMENTE INVISIBILI

Le discriminazioni alle quali sono sottoposti gli immigrati nei vari ambiti della vita sociale sono ultimamente divenute strutturali e addirittura “legali”, a causa dell’adozione di veri e propri modelli di segregazione sociale e occupazionale degli stranieri e a causa delle normative nazionali e locali (dai “pacchetti sicurezza” alle ordinanze di certi Enti locali) che formalizzano una vera e propria emarginazione squalificante, che li tiene strutturalmente schiacciati, preda della criminalità e dello sfruttamento.

In questo articolo abbiamo voluto approfondire la tragica situazione riguardante quella parte di popolazione immigrata che è inoltre costretta a combattere con alcune forme di disabilità; questo per poter constatare i processi di esclusione derivanti da un doppio stigma sociale. Sebbene i dati sul fenomeno siano ancora poco conosciuti e indagati, l’attenzione verso i migranti con disabilità è sicuramente cresciuta negli ultimi anni. Il dibattito internazionale ha tracciato i princìpi su cui basare gli interventi verso queste persone permettendo di offrire, da un lato, un’opportuna tutela dei diritti umani, dall’altro, ha definito gli elementi tecnici su cui operare, attraverso linee guida precise e puntuali. Se questo è il quadro internazionale, la ricaduta in termini di pratiche nazionali è ancora lontana dall’essere soddisfacente.

Scarsa è la competenza di chi opera nel settore, restano ancora lontani dall’essere risolti gli elementi essenziali su cui intervenire: accessibilità dei soccorsi e delle accoglienze, rispetto dei bisogni e dei diritti specifici, capacità di garantire eguaglianza di opportunità e non discriminazione, sostegno alla piena inclusione.

Il “distanziamento sociale”, parola che è stata sulla bocca di tutti nell’ultimo anno e mezzo per contrastare l’inatteso dilagare su scala mondiale del Covid-19, in Italia è stata una pratica abbondantemente messa in atto nei confronti degli immigrati da molto prima dell’avvento della pandemia, contagiando la mentalità e il clima sociale e culturale; un distanziamento che si è tradotto in una tendenza a tenerli quanto più “fuori” dai nostri ambiti di vita e a renderli il più possibile “invisibili”. La legislazione nazionale sull’immigrazione non ha infatti provato a gestire l’immigrazione in maniera costruttiva come invece è stato fatto in altri paesi europei.

 

mamma migrante

MA QUAL È LA CONDIZIONE DEI MIGRANTI CON DISABILITÀ?

L’invisibilità delle persone migranti con disabilità si è consolidata nel tempo agli occhi dei cittadini italiani. Invisibili nei temi connessi allo sviluppo, invisibili nelle battaglie che le associazioni fanno per la promozione e tutela dei diritti, invisibili nella condizione giornaliera di persone soggette a limitazione alla partecipazione alla vita di comunità a causa di ostacoli, barriere e discriminazioni. Sono donne e uomini, ragazze e ragazzi che spesso diventano disabili durante le mille insidie che accompagnano i loro viaggi di arrivo nel nostro paese: attraversare deserti, montagne, mari implica un incredibile stress e immensi rischi; essere sottomessi a violenze e abusi, soprattutto le donne, sottostare a pratiche disumane nelle carceri e nei centri di raccolta di alcuni paesi nord africani, come la Libia; dipendere da trafficanti di esseri umani crudeli e spietati, dipendere da persone che vivono in Italia che le utilizzano per lavori in nero e sottopagati o per la prostituzione.

Le condizioni che producono violenze, le situazioni che colpiscono la loro dignità di persone, i continui ricatti a cui sono sottoposti per sopravvivere producono traumi forti e profondi che colpiscono la loro salute mentale, innescando processi di turbamenti dell’equilibrio psicofisico spesso irreversibili. Discriminati come migranti, invisibili come persone con disabilità. La condizione perciò è complessa, perché alla discriminazione derivata dalla loro condizione iniziale di non essere cittadini italiani (e quindi di veder violati i loro diritti umani nella possibilità di accedere al suolo italiano o, a volte, alle acque di competenza del nostro stato), si mescola lo stigma della loro provenienza nazionale, della loro appartenenza religiosa, del colore della pelle, delle tradizioni culturali e della differente cultura. Per cui la condizione di disabilità è spesso una caratteristica che andrebbe accertata fin dalla prima accoglienza al fine di poter programmare un intervento strutturato e disporre, di conseguenza, un percorso assistito in ambito sanitario, legale, abitativo, sociale, ecc. la persona sarebbe così individuata all’arrivo come portatrice di un’esigenza specifica e non più oggetto di ulteriori individuazioni in ogni fase del suo percorso migratorio in Italia, spesso con molti ritardi.

Festival World AgroPontino 2021 – dal 31 luglio e 1° agosto

Dal 31 luglio al 1 Agosto a Terracina va in scena il
FESTIVAL WORLD AGROPONTINO 2021
Un evento multiculturale gratuito ricco di appuntamenti tra musica, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche dal mondo e laboratori di danza etnica che hanno come filo conduttore la bellezza dell’incontro interculturale.
L’appuntamento sarà anche l’occasione per presentare e approfondire, grazie al contributo di numerosi esperti, i risultati complessivi del progetto “GetAP! Strategie per una cittadinanza globale dell’Agro Pontino” promosso dall’organizzazione umanitaria DokitaOnlus.
A chiudere la kermesse il concerto in anteprima nazionale, dell’Orchestra di Piazza Vittorio, un esperimento interculturale e artistico unico nel suo genere, che per l’occasione presenterà in anteprima nazionale il nuovo spettacolo “Dancefloor”.
📍 L’evento è promosso da Dokita e dalle organizzazioni partner del progetto “Get AP! Strategie per una cittadinanza globale dell’Agro Pontino” (CeSPI, Tempi Moderni, GUS, Progetto Diritti, Caritas Diocesana di Latina, Articolo Ventiquattro) cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. 📍
Saranno due giorni interessanti in cui parlare di inclusione sociale, migrazioni e sviluppo sostenibile nell’Agro Pontino.
Vi aspettiamo numerosi!

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INFO UTILI

🟠 N.B. 🔵Tutte le esibizioni saranno gratuite ma, causa covid, non dimenticare di riservare il tuo posto cliccando sulla sezione “Biglietti”
LINK PER PRENOTAZIONE BIGLIETTI GRATUITI ➡ EventBrite
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Senegal – Agroecologia e lavoro comunitario – Lavoriamo per un cambiamento

Dokita nel 2016 ha dato inizio alle sue attività in Senegal e nel corso di questi anni ha sviluppato progetti nell’ambito della migrazione, creazione impresa, istruzione ed agricoltura. Nel 2017 attraverso il progetto “Ponti: inclusione sociale ed economica, giovani donne, innovazione e diaspore” sono stati realizzati corsi di formazione professionalizzanti per ragazzi di età compresa dai 18 ai 30 anni provenienti dalle periferie della regione di Dakar; inoltre è stata elaborata una campagna di sensibilizzazione sugli effetti della migrazione con la realizzazione finale di una canzone comprensiva di videomusicale.

Dal 2018 ci stiamo occupando di agroecologia e lavoro comunitario attraverso il progetto “SOUFF – Terra: SOstegno e cosvilUppo per il raFForzamento della comunità di Linguère” che terminerà a giugno 2021 e che persegue i seguenti obiettivi:

– contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nella regione di Louga, attraverso la promozione del ruolo della diaspora senegalese in Italia e di un modello imprenditoriale e di sviluppo locale sostenibile;

– incrementare e diversificare le attività generatrici di reddito a favore degli abitanti del dipartimento di Linguère, attraverso lo sviluppo di un agro-sistema che, grazie al coinvolgimento dell’imprenditoria locale e “di ritorno”, integri la protezione dell’ambiente e la lotta alla desertificazione.

FORMAZIONI SOUFF
Formazione SOUFF

Il progetto prevede inoltre che le oltre cento famiglie coinvolte nei lavori agricoli potranno coltivare autonomamente pomodori, melanzane, peperoncini, bissap, fagioli e arachidi, moringa e tanti altri ortaggi. I prodotti potranno poi essere trasformati in conserve o essiccati. Al termine, i prodotti realizzati saranno commercializzati nei principali mercati.

Ma il lavoro di Dokita in Senegal non finisce qui. Un altro progetto a cui teniamo molto è l`implementazione della scuola presente nella regione di Thies, comune di Ngueniene, “ Foua2” scuola nella quale si è intervenuti attraverso progetti Micro Caritas aventi come focus il miglioramento dell’offerta formativa con i quali si è potuto realizzare la biblioteca e rinnovare gli arredi scolastici. Attraverso il sostegno di voi donatori siamo riusciti a mantenere attivo giornalmente il servizio della mensa scolastica; inoltre quest’anno grazie al progetto “Un orto per la scuola ‘Foua 2’: sistemi di agricoltura integrata per l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo locale nella comunità di Ngueniene – Senegal” si potrà dotare la scuola di un orto che permetterà l`autonomia di quest`ultima nella gestione del servizio di mensa e l`introduzione
di un percorso formativo riguardo la nutrizione. Questo ci permetterà di combattere il fenomeno della malnutrizione e avrà come beneficiari, non solo gli studenti, ma anche le loro famiglie.

Come ci conferma spesso la nostra cooperante Priscilla Di Marco, lo staff locale e i collaboratori Dokita sono molto affiatati e riescono sempre a trovare spazio, anche nei momenti più carichi di lavoro, per momenti di ritrovo e svago dedicati alle relazioni interpersonali.
Purtroppo, le stringenti misure adottate per il contenimento Covid-19 hanno rallentato le giornate di lavoro ed hanno quasi completamente
annullato i momenti di svago. Ci racconta Priscilla che si riusciva a non essere sopraffatti dal tempo ma era facile “dominarlo”. Oggi invece a causa del coprifuoco e delle limitazioni le giornate sembrano essersi accorciate e serve molto più impegno, comprensione e creatività per realizzare attività e progetti. Per fortuna, grazie al lavoro svolto in precedenza, stiamo riuscendo a tenere sotto controllo la realizzazione dei progetti senza perdere di vista gli importanti obiettivi.

“La forza per fare tutto questo ci arriva da voi sostenitori che continuate a credere in noi, arriva dai sorrisi e dalle gioie dei ragazzi che il vostro aiuto lo ricevono e non dimenticano di ringraziarci ogni giorno per l’opportunità di cambiamento che riusciamo a dare loro. Continuate a sostenerci e a seguirci. Un caro saluto dal Senegal.”

 

Formazione Ponti - Falegnameria
Formazione Ponti – Falegnameria
honduras dokita

HONDURAS – IL DIRITTO DI RICOSTRUIRSI UN FUTURO

Dokita lavora in Honduras da oltre dieci anni, una tra le organizzazioni umanitarie che opera da più tempo nel paese. L’Honduras è un paese che versa in una situazione di estrema povertà tanto da essere al 132° posto nella lista dei paesi per sviluppo umano, avanti solo ad Haiti nel continente americano (indice comparativo dello sviluppo dei vari paesi calcolato tenendo conto dei diversi tassi di aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo pro capite, divenuto uno strumento standard per misurare il benessere di un paese).

Inoltre l’Honduras ha anche un alto tasso di omicidi. Circa 40 per 100.000 abitanti, ovvero più di 4.000 vittime di morte violenta ogni anno. La violenza, purtroppo, prospera nei contesti in cui c’è forte povertà, molteplicità di problemi sociali, mancanza di lavoro, forte corruzione e grandi violazioni di diritti umani.

Negli anni Dokita ha realizzato progetti finanziati da Caritas e Chiesa Valdese per formare donne e giovani in attività produttive, ed ha appoggiato il centro Don Bosco, nella periferia della capitale Tegucigalpa in un’area ad alta incidenza criminale e di forte coinvolgimento dei giovani in bande chiamate maras, vere e proprie organizzazioni mafiose molto sanguinarie.

La storia recente ci ha mostrato come, di fronte alla violenza criminale lo Stato abbia risposto con altrettanta violenza e spesso violando gli elementari diritti umani della popolazione. Non è un caso che varie associazioni siano attive per supportare azioni volte al rafforzamento dello stato di diritto e per il rispetto dei diritti umani. Nel 2011 l’Unione Europea ha appoggiato Dokita con un progetto pluriannuale di formazione professionale a donne recluse nel carcere di Tegucigalpa e nello stesso tempo migliorare la situazione di diritti che sarebbero dovuti già essere riconosciuti all’interno della struttura.

Da qualche mese Dokita ha concluso un importante progetto sul miglioramento dell’accesso alla giustizia di gruppi più vulnerabili. Abbiamo lavorato per migliorare le condizioni di vita e per il rispetto delle tutele dei detenuti appoggiando anche le differenti pastorali carcerarie della Caritas. Il progetto, cofinanziato dall’Istituto Italiano per l’America Latina, si è concluso con molto successo nel 2020 e si rivolgeva soprattutto ai giovani in conflitto con la legge. Oltre ad aver costruito un modulo abitativo per i giovani residenti del Centro di Jalteva, abbiamo fornito l’attrezzatura per un laboratorio di panetteria e un altro di formazione professionale. Inoltre, assieme all’Istituto Nazionale per la Gioventù Infrattora (INAMI), è stato realizzato un protocollo di attenzione per gli operatori in modo da salvaguardare i diritti dei giovani e proiettare il periodo di privazione della libertà in un momento riabilitativo e formativo e non solo un inutile castigo.

Negli anni abbiamo organizzato una rete di organizzazioni che collaborano per la preparazione di una proposta di legge sulla giustizia restaurativa da presentare in Parlamento, cosi come l’organizzazione di corsi e formazioni a funzionari.

Da oltre un anno stiamo realizzando il progetto JUSTAMENTE Riforma del sistema penale minorile e modelli innovativi di prevenzione terziaria per la diffusione della cultura riparativa in Honduras finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in consorzio con la ONG MLAL, Fondazione Don Calabria e Antigone. Questo progetto appoggia il sistema di giustizia minorile cercando di migliorare i meccanismi di attenzione ai giovani e promuove pratiche alternative alla detenzione. Stiamo organizzando corsi di specializzazione in giustizia penale minorile per giudici, difensori pubblici e polizia e sono previste tante altre attività a favore di questi giovani svantaggiati. Il progetto si concluderà nel 2022 e si estenderà su tutto il territorio nazionale. Dokita è diventato un punto di riferimento in questo ambito e collabora con molte istituzioni del governo come INAMI e Conaprev (comitato nazionale contro la tortura) e con organismi non governativi come il CPTRT (Centro contro la tortura).

Come se non bastasse, la pandemia di coronavirus non ha risparmiato l’Honduras, infatti le restrizioni – dato che molte famiglie vivono di un’economia informale e di piccoli ricavi giornalieri – hanno provocato importanti danni economici riducendo alla povertà vari settori della popolazione. La percentuale di decessi, rispetto a tante altre nazioni resta più basso, superando di poco i 4000 su una popolazione di 9 milioni di abitanti.

Anche per i ragazzi con cui lavoriamo il disagio è stato grosso. Per ragioni di sicurezza sanitaria le visite dei familiari sono state sospese, ma fortunatamente il ministero di giustizia ha deciso di far tornare a casa, dalle proprie famiglie, circa la metà dei giovani reclusi, riducendo così il numero di detenuti a poco più di 200. Grazie a queste strette misure messe in atto i centri pedagogici nei quali lavoriamo non hanno registrato contagi.

 

PERÙ, IL RACCONTO DELLA NOSTRA COOPERANTE

Dokita dal 2002 in Perù si è concentrata principalmente sulla realizzazione di azioni di sostegno socio-educativo nella provincia di Huarochiri, in particolare a Santa Eulalia. In queste zone la maggior parte delle famiglie è sostenuta da attività agricole e zootecniche. Il basso tasso di scolarizzazione e l’alta percentuale di disoccupazione nella zona, ha aumentato esponenzialmente il tasso di povertà. Tante famiglie sono state costrette a migrare dalla città alle comunità rurali o a cercare sostegno attraverso l’aiuto delle organizzazioni.

Noi del team Dokita in Perù, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le dinamiche che hanno spinto queste famiglie a cambiare vita alla ricerca di un reddito minimo che permetta la loro sussistenza familiare. È triste e scioccante sentire le testimonianze di bambini che raccontano le ore di cammino che devono fare quotidianamente in mezzo alle montagne, tra pioggia e freddo, con l’unico obiettivo di raggiungere l’aula per imparare a leggere e scrivere. Ci troviamo di fronte ad una realtà che non è riflessa negli indici economici che il Perù mostra al mondo, c’è un Perù pieno di bisogni, un Perù che ha bisogno di grande collaborazione affinché la popolazione non sia colpita da fame, malnutrizione, anemia e altre malattie.

Durante questo periodo di emergenza abbiamo chiesto a Angela Castañeda, nostra cooperante in Perù per sapere come i bambini e le famiglie stanno vivendo questa delicata situazione.


Angela raccontaci in cosa consiste il progetto che Dokita ha realizzato in Perù ?

Un caro saluto a tutti i lettori e sostenitori di Dokita. Voglio subito ringraziarvi di cuore per l’aiuto che ci date e che ci permettete di dare a tante persone meno fortunate. Tutti i beneficiari, dopo aver ricevuto il nostro supporto, ci ringraziano attraverso un gesto o un sorriso di gratitudine. Una gioia che vale la pena ricevere dopo il lavoro, la pianificazione e lo stress legato agli sposatmenti.
In Perù, in particolare nell’area urbana di Santa Eulalia e nella valle circostante – che comprende 22 villaggi montani – in stretta collaborazione con la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, Dokita ha costruito il centro IDEAL (Instituciòn de Desarrollo Alternativo Laboral) all’interno del quale vengono gestiti corsi di formazione professionale, di integrazione sociale/lavorativa per gruppi vulnerabili e vengono offerti diversi progetti educativi che negli anni hanno raggiunto più di 5.000 soggetti a rischio.
Queste aree, isolate dai grandi centri urbani, sono caratterizzate da un estremo tasso di povertà e vulnerabilità che rendono impossibile per la popolazione accedere ai servizi primari.
Dal 2011, Dokita è presente nel paese con una propria sede nella città di Lima.

Come ha influito l’emergenza Covid?

La pandemia covid-19 si è fatta sentire in Perù all’inizio di marzo e dopo qualche ora il governo ha decretato subito lo stato di emergenza sanitaria a livello nazionale, a partire dal 16 marzo 2020, imponendo l’isolamento sociale e limitando i diritti delle persone in materia di mobilità e vita sociale. Inoltre i confini sono stati chiusi sia per i peruviani che per gli stranieri.
Come in Italia, al fine di mitigare gli effetti e la diffusione della pandemia, sono state limitate le attività economiche, ad eccezione di quelle essenziali, ossia quelle legate al cibo, alle forniture mediche, al personale sanitario e alle forze dell’ordine pubblico. A giugno il Governo ha poi avviato un piano di riattivazione economica che ha progressivamente autorizzato diverse attività a riprendere le proprie funzioni, aderendo e accreditando l’attuazione dei protocolli di sicurezza.
A causa dell’elevato aumento della disoccupazione, le famiglie che abitavano abitualmente in città sono state costrette a rientrare nelle loro comunità contadine dove le condizioni di alloggio, cibo e istruzione non sono sempre soddisfatte.
Il Ministero dell’Istruzione, da marzo ad oggi, ha sospeso le lezioni frontali a livello nazionale, che sono state sostituite da classi virtuali. Purtroppo questa tipologia di gestione non è fattibile nelle zone in cui opera Dokita, a causa delle difficoltà di connettività esistenti nelle zone rurali.
In questo scenario, durante gran parte del periodo di pandemia, lo sviluppo delle attività nella provincia di Huarochiri è diminuito.
Fino al 21 novembre 2020 ci sono stati quasi 950.000 contagiati, di cui circa 870.000 già dimessi e 35.000 purtroppo deceduti.

Sappiamo che in Perù viene data molto importanza a “La giornata dei bambini”. Come sono andati i festeggiamenti quest’anno?

Il Congresso della Repubblica del Perù, con una legge del 2002, aveva scelto la seconda domenica di aprile come data ufficiale per festeggiare “La Giornata dei Bambini” ma successivamente è stato stabilito che si sarebbe festeggiata la “terza domenica di agosto”, che è la data in cui si festeggiano in generale tutti i bambini.

Lo scorso Agosto, visto lo stato di emergenza, le diverse istituzioni pubbliche e private non hanno sviluppato le attività di celebrazione. Le norme stabilite dal governo non consentivano assembramenti, così ogni famiglia ha celebrato la festa nell’intimità del proprio nucleo familiare. Solitamente i festeggiamenti si svolgono con massicce attività organizzate nei comuni che, oltre a celebrare i bambini del Perù, consentono di promuovere e sensibilizzare la società al benessere e ai diritti dei bambini nel mondo.

Approfitto di questa domanda per sottolineare che, nonostante le attuali avversità, dobbiamo essere consapevoli che i bambini sono il futuro del Perù. Il futuro del paese dipende da loro ed ecco perché, secondo me, ogni giorno dell’anno dovrebbe essere la Giornata dei Bambini.

 

 

In questi mesi il centro IDEAL ha messo a disposizione il suo personale, i suoi spazi e le sue competenze per essere d’aiuto alla popolazione locale. La speranza è che la situazione in Perù e nel mondo migliori presto e che il centro torni a fornire tutti i servizi che svolge ormai da anni. Inutile dire che la crisi ha fatto diminuire i fondi da poter inviare su questo ormai stabile progetto e per questo vi chiediamo di continuare ad aprire il vostro cuore scegliendo di sostenerci. Farlo significa dare respiro alle famiglie a basso reddito, aiutare bambini e adolescenti che mostrano ogni volta gioia ed emozione nel ricevere piccole attenzioni dal nostro personale. Vuol dire dimostrare con azioni concrete che la generosità e la gentilezza delle persone esiste.

 

Progetto GetAP! – I nuovi incontri (26, 28 e 30 Ottobre)

Il nostro impegno continua!

I passi già compiuti…

Nell’ambito del progetto Get ap! Strategie per una cittadinanza globale dell’Agro Pontino, abbiamo già realizzato cinque incontri nelle città di Fondi (04/12/2019), Formia (05/12/2019), Sabaudia (11/12/2019), Terracina (12/12/2019) e Latina (17/12/2019), con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni e della società civile, per un momento di confronto su alcune tematiche collegate al fenomeno migratorio e intrecciate con lo sviluppo sostenibile a livello locale e transnazionale.

Da questo momento di confronto e co-progettazione, dall’esperienza diretta e dalla sensibilità dei partecipanti ai Tavoli Multistakeholders, è emersa la fotografia di cinque realtà diverse, quelle delle città visitate, in tutta la sua concretezza e complessità: precarietà di vita e carenza di soluzioni e strutture adeguate, difficoltà nella mediazione linguistica e culturale, assistenza sanitaria insufficiente e sfruttamento sul lavoro… ma anche solidarietà, impegno e tanta voglia di mettersi in gioco.

 …e i passi ancora da compiere, insieme!

 ed è proprio da questa fotografia che ripartiremo, dopo la parentesi Covid e quella estiva, per nuovi confronti, anche alla luce dei recenti avvenimenti che hanno stravolto il mondo intero, nel tentativo di favorire l’individuazione di eventuali strategie e / o soluzioni da mettere in campo per una gestione più umana e solidale della questione dell’immigrazione e dell’inclusione sociale dei migranti.

 

Gli incontri online si terranno

  • Lunedì 26/10/2020 alle ore 18:00 – Giovani e Nuove Generazioni
  • Mercoledì 28/10/2020 alle ore 18:00 – Accoglienza e Integrazione
  • Venerdì 30/10/2020 alle ore 18:00 – Lavoro e Sviluppo Locale

 

GetAP_TRACCE TAVOLO GIOVANI

GetAP_TRACCE TAVOLO ACCOGLIENZA

GetAP_TRACCE TAVOLO LAVORO

 

*Per partecipare* 

A causa delle restrizioni anti-contagio, non ci sarà possibile riunirci fisicamente come per i precedenti incontri, ma ci incontreremo virtualmente in una delle stanze online di Google Meet – la piattaforma di Google per le riunioni online.

 

Invieremo il link tramite mail a tutti coloro che si registreranno all’evento, per questo abbiamo bisogno di alcuni dati

 

–  Nome _________________ Cognome _________________

–  Istituzione rappresentata (facoltativo)  _________________

–  Indirizzo mail al quale si desidera ricevere il link _________________

–  Numero di telefono _________________

– Tavolo/i di interesse (siete i benvenuti su tutti i tavoli disponibili)

  • Giovani e Nuove Generazioni
  • Accoglienza e Integrazione
  • Lavoro e Sviluppo Locale

 

 

Aspettiamo la vostra mail di conferma!

A presto con GetAp!

naturability

NATUR-ABILITY: UNA NUOVA STAGIONE, MA NON CAMBIAMO PROGRAMMA!

L’avventura di Natur-Ability è nata quasi quattro anni fa. Eravamo a Terracina (per chi non la conoscesse, una città della Riviera d’Ulisse che si affaccia sul Mar Tirreno proprio all’altezza delle isole pontine: Ponza, Ventotene, Palmarola e Zannone). Era l’autunno del 2016, periodo in cui per chi vive nelle città di mare, la carica energetica accumulata nella bella stagione chiede di essere riconvertita e messa in circolo per continuare ad alimentare con la sua linfa vitale anche le giornate più corte e buie. Ci siamo ritrovati così, semplicemente, intorno a un tavolo con un gruppo di amici, amici di amici, amici-parenti: ci siamo raccontati le nostre esperienze lavorative e associative al fianco delle persone con disabilità.

Erano tutte storie belle, di associazionismo, di generosità, di cura dell’altro, di respiro locale, nazionale e internazionale. Non ci conoscevamo già abbastanza, ma si capiva che qualcosa in più del semplice impegno filantropico ci univa e che se avessimo potuto lavorare assieme, probabilmente, saremmo stati in grado di mettere a frutto qualcosa di più grande della somma delle nostre attività.

Non è passato molto che l’occasione giusta ci si è presentata davanti: era un bando della Regione Lazio, finanziato da fondi europei, che si addiceva proprio al caso nostro. Abbiamo risposto con tutte le nostre energie: abbiamo dovuto lavorare molto, incontrarci sempre più frequentemente, fondere e modellare competenze già in campo e sogni da inseguire, incontrare autorità e istituzioni locali per comprendere un territorio complesso per mille aspetti, fra cui proprio quello sociale. Abbiamo cercato di capire come con le nostre limitate forze di enti del Terzo Settore avremmo potuto sopperire alle troppe carenze strutturali registrate nelle nostre zone di intervento della provincia di Latina (in particolare Terracina e Sabaudia).

Il risultato dei nostri sforzi è stato il progetto Natur-Ability: percorsi di inclusione in favore di giovani con disabilità nel territorio dell’Agro Pontino. Abbiamo dovuto aspettare fino al mese di settembre del 2017, ma finalmente la Regione Lazio ci fece sapere che la nostra idea era piaciuta e che nel giro di qualche mese (precisamente nel mese di marzo 2018) avremmo potuto iniziare a lavorare assieme! L’emozione era tanta, così come il lavoro che ci si profilava davanti. Non eravamo più un gruppo di “amici di amici”, ma partner di un progetto che ci avrebbe visto lavorare fianco a fianco per gli anni a venire…infatti, nel 2019 ci fu finanziata anche la seconda annualità del progetto, conclusasi solo lo scorso aprile, in piena emergenza COVID!

I nostri nomi erano Dokita onlus, Demetra, HAbitaTerra, Articolo Ventiquattro, ma i veri protagonisti di questa avventura sono stati Alessia, Antonio, Daniele, Enrico, Eric, Erica, Gabriella, Gianluca, Gianmaria, Jacopo, Karina, Lassana, Luca, Simone… Non sono certo mancati gli imprevisti e le difficoltà, come in ogni avventura che si rispetti, ma l’entusiasmo che abbiamo visto negli occhi dei ragazzi che hanno preso parte al progetto, la coesione del loro gruppo, la gioia con la quale hanno accolto ogni novità loro proposta sono stati il motore di ogni entusiasmante giornata trascorsa con loro così come della più fredda attività di programmazione e gestione del progetto.

Voi lettori, avete potuto seguire i tanti episodi di questa avventura raccontati di volta in volta su questa rivista, sui nostri social, nelle newsletter, sul nostro sito: i laboratori teorico-pratici in materia di tecniche agricole e di allevamento, di trasformazione dei prodotti alimentari, di educazione alimentare e cucina, di cura dell’asino e del suo habitat; e poi gli eventi pubblici di divulgazione del progetto, le attività di coinvolgimento delle scuole superiori e le nostre campagne di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza e ai nostri sostenitori culminate nel docufilm intitolato “Natur-Ability: una ricetta per l’inclusione” (https://www.youtube.com/channel/UCCkBdKBCGeRT6wt2dhtq0YA/featured) e nei più recenti video “Il mondo al contrario: includere si può” (https://www.youtube.com/watch?v=QwGeHOKH5P4) e “Le dieci regole da seguire ai tempi del Coronavirus” (https://www.youtube.com/watch?v=k-C9hFicHcY). Dietro a tutto questo, un selezionato team di psicologi, psicoterapeuti, educatori, assistenti sociali, avvocati, videomakers, progettisti, esperti in comunicazione che hanno garantito un continuo lavoro di presa in carico e cura della persona, di counselling psicologico e familiare, di counselling legale e di orientamento al lavoro e di ricaduta territoriale delle azioni.

Cari lettori, non sappiamo se siamo riusciti sempre a trasmettervi l’emozione che guidava il nostro impegno, se siamo stati in grado di farvi arrivare, ovunque voi vi troviate, l’importanza di questo tipo di lavoro per il tipo di territorio nel quale operiamo. Un territorio forse noto per la sua vocazione turistica, ma tremendamente deficitario per quanto riguarda la sua capacità di inclusione dei suoi stessi cittadini e cittadine in condizione di marginalità sociale.

Per due anni, grazie al sostegno economico della Regione dedicato proprio alle aree più marginali del Lazio, siamo stati al fianco non solo dei ragazzi (tutti giovani disoccupati con disabilità certificata di età compresa fra i 18 e i 35 anni di età) che ogni mattina si sono potuti svegliare con un obiettivo da perseguire e con un senso da dare alla loro giornata. Siamo stati al fianco anche di intere famiglie che hanno potuto vedere alleviato il loro carico emotivo legato alla difficoltà di elaborare la discrepanza fra figlio immaginato e figlio reale, a sentimenti di inadeguatezza e frustrazione dovuti alla mancanza di servizi e risorse nonché alla destabilizzazione psicologica dovuta alla riorganizzazione delle proprie abitudini che la presenza di un figlio con disabilità comporta. Non abbiamo voluto lasciarli soli nemmeno in quest’ultima fase di isolamento forzato legato all’emergenza sanitaria e siamo riusciti, grazie alla tecnologia, a entrare nelle case di ciascuno e garantire una nostra presenza e un nostro accompagnamento costante…oltre a tanti, tanti sorrisi!

Un lavoro sinceramente apprezzato anche dalla Regione Lazio, attraverso il suo referente (dott. Fabio Faina) che ci ha monitorato e seguito in ogni fase operativa in questi due anni di finanziamento e che non è voluto mancare nemmeno il giorno del suo compleanno al saluto finale che ci siamo dati tutti via Skype (https://www.youtube.com/watch?v=q9Vj5E_Zocg). Un lavoro stimato e atteso anche dalle autorità locali che hanno sempre preso parte alle nostre iniziative pubbliche.

Ci troviamo ora alla fine di una stagione di questa fantastica avventura, durata due anni, e non intendiamo arrenderci alle difficoltà legate all’assenza di finanziamenti pubblici per poter dare continuità a un sostegno che ci viene richiesto da più fronti, in primis dai ragazzi e dalle loro famiglie. Se un progetto è potuto iniziare quasi per caso sull’onda di una carica energetica positiva, ancor di più ora, carichi delle esplosive energie di vita che questi fantastici ragazzi ci hanno trasmesso in questi due anni non intendiamo sospendere ciò che nel tempo si è sviluppato in un vero e proprio programma: includere si può! Anzi si deve!! Con l’aiuto di tutti, noi ci saremo ancora!