
Le voci dal campo – Padre Leonard Lumfa dal Camerun
In questi giorni abbiamo raccolto la testimonianza di Padre Leonard Lumfa, religioso Concezionista e medico, che gestisce l’ospedale “Immaculate Conception” costruito dalla CFIC a Bamenda, Camerun. Ci ha rilasciato una toccante intervista in cui racconta la situazione della struttura, il drammatico contesto camerunense e le scelte che lo hanno portato a tornare nel suo Paese natale dopo anni di studio in Italia.
PADRE LEONARD LUMFA – Concezionista e Medico
– Gentile Padre Leonard, ci può parlare brevemente della sua vita, dei suoi studi in Europa e della scelta di tornare nel suo paese natale?
Un caro saluto a tutti i benefattori italiani. Sono Fratel Leonard, sono camerunense, missionario e medico dei Figli dell’Immacolata Concezione. Mi sono laureato all’università di Tor Vergata a Roma e dopo l’esame di stato ho deciso di tornare in Camerun dove Dokita svolge alcuni dei suoi progetti.
Attualmente lavoro come medico generale nell’ospedale di Bamenda. La città è martoriata da una guerra civile e la popolazione locale non ha la possibilità di acquistare medicine, neanche per i bambini e per le donne incinta. Insieme ad altri religiosi e infermieri facciamo il possibile per fornire supporto e cure al maggior numero di persone. Ho scelto la Congregazione perché ho sempre sentito dentro di me una voce che mi diceva di dover aiutare le persone più bisognose e gli ammalati del mio Paese.
– Qual è il rapporto di Dokita con la Congregazione e quanto è importante il nostro supporto?
Grazie a questa collaborazione Dokita riesce a supportare tante persone bisognose, non solo in Camerun, non solo in Africa, ma anche in tanti altri Paesi del Sud America e in Asia. Qui in Camerun fornisce un aiuto fondamentale agli orfani e ai disabili, dando loro nutrimento ed educazione, cose semplici ma che purtroppo non riescono a ricevere dalla propria famiglia. Svolgiamo opere caritatevoli per migliorare le condizioni di vita di chi soffre. Dokita permette a tante persone di buona volontà dei paesi più sviluppati, che non hanno però la possibilità di aiutare in prima persona in questi luoghi, di donare affinché si possa portare supporto ai più fragili. Il sostegno a distanza e le donazioni regolari, ad esempio, sono fondamentali per permetterci di pagare le tasse scolastiche, il cibo e le medicine a tanti bambini. Un modo per essere vicini anche da lontano. Grazie di cuore a nome di tutti coloro che ricevono l’aiuto.
– Quali altri progetti si potrebbero attuare per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale?
Tramite Dokita si potrebbero implementare i progetti già in atto per migliorare la vita deli bisognosi soprattutto in questa zona di guerra civile. Servono attrezzature, medicinali, raggi x e strumenti di laboratorio utili per ottimizzare le procedure di diagnostica. Intensificare i programmi di istruzione anche verso i disabili, perché solo con l’istruzione i bambini potranno riscattare la loro condizione. L’autosufficienza passa dall’educazione e dall’insegnamento delle materie fondamentali. Questi sono gli obiettivi che ci poniamo per il prossimo futuro, perché avere un mestiere significa avere il pane quotidiano e sentirsi utili per la comunità e per la società.
– Ci parli un po’ dell’ospedale che lei porta avanti?
Si chiama “Immaculate Conception Catholic Medichal Centre” costruito dalla CFIC e si trova a Bamenda, città fulcro della guerra civile, in pochi anni è stato ristrutturato un edificio già esistente ed attualmente ha degli standard molto elevati rispetto agli ospedali della zona. Gli ospiti dell’ospedale sono soprattutto bambini e donne incinta, grazie ad un progetto di Dokita finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, negli ultimi mesi stiamo ampliando il reparto maternità con l’installazione di nuovi letti e materassi. Tre stanze per la degenza femminile e tre per quella maschile entrambe con tre letti e un’altra con quattro letti per i bambini. Non è tanto grande ed ogni giorno è piena, ma cerchiamo di fare il possibile per accogliere più pazienti possibili. Abbiamo un laboratorio analisi che funziona molto bene e una sala operatoria ben attrezzata dove facciamo interventi chirurgici come ernie e appendicectomia. Ogni mese forniamo assistenza a circa 200 malati, ogni martedì si svolge la giornata di vaccinazione dei bambini e due volte a settimana giriamo per i quartieri per sensibilizzare ed educare alla prevenzione del Covid-19 e di altre malattie. Durante questo periodo di pandemia abbiamo avuto serie difficoltà. Abbiamo i kit per la diagnosi ma non abbiamo lo spazio per poter trattenere ed isolare i malati di covid. Per questo dopo aver diagnosticato la positività li portiamo in un altro ospedale di stato, maggiormente attrezzato per gestire il coronavirus. Nel corso del lockdown sono mancati parecchi rifornimenti di medicinali e di strumentazioni di laboratorio ed è stata molto dura per noi gestire la situazione.
– La guerra civile continua e purtroppo, nel mondo, se ne parla troppo poco. Ci racconta le conseguenze del conflitto sulla popolazione locale?
La situazione sociopolitica è complicata. Racconto brevemente la storia: il Camerun ha due lingue nazionali, francese e inglese, perché durante la colonizzazione una parte è stata colonizzata dalla Francia, French Cameroon, in cui si parla la lingua francese e la restante parte dall’Inghilterra, British Cameroon, più piccola rispetto alla prima in cui si parla inglese. Quando l’Inghilterra decise di rendere indipendente questa parte del Camerun, venne indetto un referendum per rendere il Camerun un unico stato. Possiamo quindi dire che le due parti compongono un unico paese, Il Camerun, in cui la parte anglofona rappresenta il 20%, la francofona la restante parte.
Dal novembre 2016 è in corso una violenta crisi che ha visto un’escalation militare, iniziata quando i cittadini delle regioni secessioniste hanno proclamato l’indipendenza di quello che è conosciuto come British Cameroon ed hanno annunciato la nascita del governo indipendente dell’Ambazonia. Questa decisione ha portato a un immediato scontro tra i separatisti e l’esecutivo di Paul Biya, da anni Presidente del Camerun. Gli scontri, come purtroppo sempre accade in queste situazioni, non hanno risparmiato i civili e neanche bambini e donne incinte.
I gruppi armati continuano a nascondersi nei boschi entrando spesso in città, distruggendo villaggi e sparando senza pietà. Proprio la settimana scorsa ci sono stati 4 morti e il 10 febbraio hanno bruciato una scuola frequentata da più di 200 bambini, per fortuna ne sono tutti usciti indenni. La popolazione non riesce neanche ad essere tranquilla nei mercati o nei terreni di coltivazione e questo comporta la mancanza di cibo e soldi per le famiglie. Tutto questo senza dimenticare che malaria e altre malattie, dovute alla mancanza di acqua pulita, continuano a mietere vittime e che tantissimi bambini non sono mai andati a scuola e l’ignoranza continua a crescere, per questo, qui nella struttura della Congregazione stiamo utilizzando una grossa sala come scuola.
Pochi giorni fa una ragazza stava per partorire durante una delle irruzioni delle bande armate, non potendo venire in ospedale, ci ha chiamato in lacrime. Io e il mio collega siamo usciti di corsa, senza pensare ai rischi, e grazie a Dio dopo circa un’ora la ragazza ha partorito, dando alla luce il piccolo Benin. Dio solo sa cosa sarebbe successo se non l’avessimo portata in ospedale. La situazione era davvero grave, non abbiamo un’ambulanza, ma una semplice macchina e potete capire la difficoltà di portare una donna, a pochi minuti dal parto, in queste condizioni. Purtroppo, non avevamo altre possibilità.
Concludo ringraziando la CEI e tutti voi che sostenete le attività di Dokita dall’Italia, perché è soprattutto grazie a voi benefattori che portiamo avanti la nostra opera. Come medico religioso prometto che continuerò a fare di tutto non solo per curare il corpo ma anche per curare le anime dei nostri assistiti, perché l’uomo è fatto di corpo ma anche di spirito. Continuiamo a pregare nella speranza di essere sentiti dal resto del mondo. Abbiamo bisogno di far sentire il grido del nostro popolo.

CAMERUN: LA GIOIA DI CAMBIARE LA VITA DEI BAMBINI
In Camerun essere un bambino disabile significa non avere la possibilità di accedere ai servizi medici e fisioterapici, non poter frequentare la scuola e non poter ricevere un’adeguata assistenza. Il 23% delle persone dai 2 ai 9 anni vive con almeno un tipo di disabilità sopraggiunta a causa di malattie come polio, malaria, lebbra e morbillo.
A causa della mancanza di strutture sanitarie adeguate attrezzate per accogliere bambini con bisogni speciali, la maggior parte dei bambini con fragilità vengono spesso emarginati dalla società e rifiutati anche dalle loro famiglie.
Per questo motivo, noi di Dokita, insieme ai missionari della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, abbiamo deciso di offrire supporto integrale ai bambini disabili offrendogli cure, istruzione e assistenza per l’inserimento nella loro società. Siamo presenti in Camerun dagli anni 70 con tre centri, il Foyer de l’Esperance a Sangmelina, il Foyer Perè Monti di Ebolowa e il Centro Prohandicam di Yandoù e grazie al loro svolto dai nostri missionari e operatori abbiamo aiutato tanti bambini con disabilità.
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ALCUNE STORIE A LIETO FINE
LA STORIA DI CECILIA
Cecilia, è stata una delle tante bambine ospiti al Foyer de l’Esperance a Sangmelima. È arrivata da Suor Laura, la nostra responsabile del Foyer, con entrambi i piedi ritorti, una grave malformazione congenita che in Camerun è molto frequente a causa della malnutrizione infantile. Grazie a Suor Laura, Cecilia è stata visitata da un dottore e ha intrapreso il suo percorso di riabilitazione per poter iniziare a camminare con le sue gambe. È stata ospite del Centro fino alla fine delle superiori, successivamente ha frequentato l’Università. Attualmente si trova in Polonia dove ha iniziato a lavorare e a vivere autonomamente.
LA STORIA DI EKOTTO BENJAMIN
Ekotto Benjamin, ha 24 anni. A 5 anni ha perso entrambi i genitori e ha passato la sua infanzia a casa della nonna insieme alla sorella. È arrivato al Foyer de l’Esperance da adolescente con diversi problemi. A causa della malnutrizione ha avuto, fin dalla nascita, forti mal di testa, problemi di attenzione e apprendimento e non riusciva a seguire le lezioni. Al Foyer ha iniziato a frequentare un corso di calzoleria per imparare a riparare scarpe, sandali, ma anche protesi e ausili per le persone con disabilità. Ora Ekotto ha finito il corso e riesce a lavorare autonomamente. Da poco Suor Laura
gli ha offerto uno spazio vicino al Foyer per trasformarlo nel suo negozio personale.
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Dokita nel 2016 ha dato inizio alle sue attività in Senegal e nel corso di questi anni ha sviluppato progetti nell’ambito della migrazione, creazione impresa, istruzione ed agricoltura. Nel 2017 attraverso il progetto “Ponti: inclusione sociale ed economica, giovani donne, innovazione e diaspore” sono stati realizzati corsi di formazione professionalizzanti per ragazzi di età compresa dai 18 ai 30 anni provenienti dalle periferie della regione di Dakar; inoltre è stata elaborata una campagna di sensibilizzazione sugli effetti della migrazione con la realizzazione finale di una canzone comprensiva di videomusicale.
Dal 2018 ci stiamo occupando di agroecologia e lavoro comunitario attraverso il progetto “SOUFF – Terra: SOstegno e cosvilUppo per il raFForzamento della comunità di Linguère” che terminerà a giugno 2021 e che persegue i seguenti obiettivi:
– contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nella regione di Louga, attraverso la promozione del ruolo della diaspora senegalese in Italia e di un modello imprenditoriale e di sviluppo locale sostenibile;
– incrementare e diversificare le attività generatrici di reddito a favore degli abitanti del dipartimento di Linguère, attraverso lo sviluppo di un agro-sistema che, grazie al coinvolgimento dell’imprenditoria locale e “di ritorno”, integri la protezione dell’ambiente e la lotta alla desertificazione.

Il progetto prevede inoltre che le oltre cento famiglie coinvolte nei lavori agricoli potranno coltivare autonomamente pomodori, melanzane, peperoncini, bissap, fagioli e arachidi, moringa e tanti altri ortaggi. I prodotti potranno poi essere trasformati in conserve o essiccati. Al termine, i prodotti realizzati saranno commercializzati nei principali mercati.
Ma il lavoro di Dokita in Senegal non finisce qui. Un altro progetto a cui teniamo molto è l`implementazione della scuola presente nella regione di Thies, comune di Ngueniene, “ Foua2” scuola nella quale si è intervenuti attraverso progetti Micro Caritas aventi come focus il miglioramento dell’offerta formativa con i quali si è potuto realizzare la biblioteca e rinnovare gli arredi scolastici. Attraverso il sostegno di voi donatori siamo riusciti a mantenere attivo giornalmente il servizio della mensa scolastica; inoltre quest’anno grazie al progetto “Un orto per la scuola ‘Foua 2’: sistemi di agricoltura integrata per l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo locale nella comunità di Ngueniene – Senegal” si potrà dotare la scuola di un orto che permetterà l`autonomia di quest`ultima nella gestione del servizio di mensa e l`introduzione
di un percorso formativo riguardo la nutrizione. Questo ci permetterà di combattere il fenomeno della malnutrizione e avrà come beneficiari, non solo gli studenti, ma anche le loro famiglie.
Come ci conferma spesso la nostra cooperante Priscilla Di Marco, lo staff locale e i collaboratori Dokita sono molto affiatati e riescono sempre a trovare spazio, anche nei momenti più carichi di lavoro, per momenti di ritrovo e svago dedicati alle relazioni interpersonali.
Purtroppo, le stringenti misure adottate per il contenimento Covid-19 hanno rallentato le giornate di lavoro ed hanno quasi completamente
annullato i momenti di svago. Ci racconta Priscilla che si riusciva a non essere sopraffatti dal tempo ma era facile “dominarlo”. Oggi invece a causa del coprifuoco e delle limitazioni le giornate sembrano essersi accorciate e serve molto più impegno, comprensione e creatività per realizzare attività e progetti. Per fortuna, grazie al lavoro svolto in precedenza, stiamo riuscendo a tenere sotto controllo la realizzazione dei progetti senza perdere di vista gli importanti obiettivi.
“La forza per fare tutto questo ci arriva da voi sostenitori che continuate a credere in noi, arriva dai sorrisi e dalle gioie dei ragazzi che il vostro aiuto lo ricevono e non dimenticano di ringraziarci ogni giorno per l’opportunità di cambiamento che riusciamo a dare loro. Continuate a sostenerci e a seguirci. Un caro saluto dal Senegal.”


L’EMERGENZA NELL’EMERGENZA
In Congo torna l’incubo Ebola. È la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a diffondere la notizia, sottolineando che “Il Coronavirus non è l’unica minaccia”. Il Paese che continua ad essere bloccato, rischia di dover convivere con tre virus letali: Covid-19, Ebola e Morbillo. Ogni ritardo e ogni ostacolo dovuto al Covid aumenta il rischio che anche le altre malattie continuino a diffondersi, uccidendo sempre più persone.
In diversi paesi dell’Africa Subsahariana il Covid-19 ha creato un’emergenza nell’emergenza. Nella Repubblica Democratica del Congo negli ultimi giorni sono state riscontrate un’epidemia di morbillo ed un focolaio di Ebola.
La ricerca di misure preventive per ridurre al minimo la diffusione di Covid-19 è fondamentale per proteggere le comunità e gli operatori sanitari in un Paese in cui il sistema sanitario è molto fragile e la popolazione estremamente vulnerabile. Abbiamo visto tutti come in pochi giorni la pandemia abbia quasi portato alla saturazione il sistema sanitario italiano. Quanto tempo ci vorrebbe per portare al collasso le strutture sanitarie presenti in Congo? Dokita ha avviato un progetto finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) che prevede l’invio di dispositivi di protezione individuale e attrezzature mediche nella città di Kinshasa.
Negli ultimi mesi abbiamo vissuto uno dei periodi più difficili, particolari e tristi degli ultimi cento anni. Siamo stati costretti a restare in casa per il bene nostro e per quello comune, abbiamo fatto sacrifici per tenere al sicuro le persone più vulnerabili e fragili, molti di noi hanno visto morire parenti ai quali non è stato possibile porgere l’ultimo saluto. Il bollettino delle 18 era diventato l’appuntamento fisso che ci forniva i numeri della pandemia, mostrandoci la violenza di questo pericoloso virus. È stata dura, pian piano ne stiamo uscendo, ma nel mondo la situazione resta tragica.
In Congo, seguire le regole che noi Italiani abbiamo imparato a conoscere in questi ultimi mesi non è affatto semplice:
- “Restare a casa” è un privilegio per ricchi, dato che molti sono costretti ad uscire per assicurarsi i beni primari;
- il “Distanziamento sociale” in una metropoli come Kinshasa, con più di 17.000.000 di abitanti e una densità di popolazione di quasi 2000 abitanti per km², è pressoché impossibile;
- “Lavarsi le mani di frequente” in un paese in cui, anche nella capitale, solo il 30% della popolazione ha accesso all’acqua, non è affatto scontato e spesso significa rinunciare a bere.
La Repubblica Democratica del Congo, come la maggior parte degli stati africani, consapevole della scarsissima rete di servizi sanitari e di strumentazioni ospedaliere è subito corsa ai ripari con misure di contenimento decisamente drastiche. Misure che ovviamente hanno aggravato ancora di più la situazione economica e sociale del Paese, già di per sè drammatica. Da metà giugno nella capitale Kinshasa – epicentro della pandemia di coronavirus nel paese – il governo ha iniziato ad allentare le suddette misure. Durante il lockdown potevano spostarsi esclusivamente gli operatori sanitari e solo una piccola parte degli esercizi essenziali ha potuto proseguire la propria attività.
Le scuole, immediatamente interrotte, hanno ripreso solo per le classi che dovevano sostenere gli esami e dovrebbero ripartire tra settembre e ottobre con il nuovo anno scolastico.
Attualmente la situazione Covid-19 nel paese è meno grave del previsto ma, come sappiamo, con il coronavirus non si scherza ed abbassare la guardia potrebbe essere pericolosissimo.
Dai dati riportarti dalla sede Dokita nella Repubblica Democratica del Congo a metà Luglio si contavano oltre 8000 casi e più di 180 decessi.
Dokita, come molti di voi lettori sapranno, è in RDC dai primi anni 90 con vari programmi tra i quali: l’orfanotrofio Pere Monti che si trova a Kinshasa, attraverso il quale contribuiamo al miglioramento delle condizioni di vita e delle opportunità di inserimento socio-culturale di circa 150 minori a rischio nell’area urbana e il Centro ospedaliero Ngondo Maria, una struttura sanitaria materno infantile situata a Makala sempre nel distretto della capitale, che dal 2006 effettua decine di migliaia di prestazioni l’anno tra visite di medicina generale, prenatale e post natale, medicazioni, analisi cliniche, distribuzione di farmaci e degenza per oltre 100 letti.
Nell’ultimo anno all’interno dell’ospedale è stata realizzata anche una camera mortuaria, importantissima per concedere un rito funebre nel rispetto delle tradizioni e delle norme igienico-sanitarie.
Per quanto concerne l’emergenza Covid-19, Dokita Onlus, grazie al finanziamento dei sostenitori, della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e della Congregazione dei figli dell’Immacolata concezione (CFIC) – sta distribuendo mascherine per il personale sanitario e per i pazienti, guanti, occhiali protettivi, schermi per viso, stivali, grembiuli, gel idroalcolico e sapone liquido (litri). Inoltre per i pazienti ricoverati abbiamo fornito attrezzature per ossigenoterapia, termometri a infrarossi, bombole e concentratori di ossigeno.
Stiamo facendo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per frenare, in una zona così fragile, l’avanzata di un virus che sta continuando a minacciare il mondo intero. Tutto questo possiamo continuare a farlo grazie a voi, nella speranza che nel più breve tempo possibile il coronavirus diventi soltanto un brutto ricordo.
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Progetto ponti: inclusione sociale ed economica, giovani donne, innovazione e diaspore
Storicamente luogo di immigrazione dall’Africa Occidentale, il Senegal è ormai diventato un paese d’emigrazione. Tra i fattori che spingono a migrare, la scarsità di opportunità di impiego dignitoso, i cambiamenti climatici, la desertificazione e il conseguente deterioramento dell’ambiente. Dalle statistiche demografiche si evince che il 70% della popolazione ha meno di 30 anni e nella fascia d’età dai 20 ai 54 anni c’è un evidente deficit di popolazione maschile che migra altrove. Inoltre, un grave problema sociale è quello dei Talibè: minori provenienti da famiglie povere in aree rurali che vengono affidati alle Daara (scuole coraniche) e in cambio di vitto e alloggio sono costretti a mendicare. Infine, la discriminazione di genere nell’attribuzione di incarichi professionali qualificati e la scarsa capacità di assorbimento del mercato del lavoro ostacolano l’impiego femminile.
Le attività previste dal progetto hanno l’obiettivo d’incoraggiare lo sviluppo locale sostenibile per il miglioramento delle competenze e la creazione di opportunità di impiego, soprattutto imprenditoria femminile. Le attività imprenditoriali supportate si propongono di promuovere e dare maggiore slancio a specifici settori economici che rappresentano sia un forte potenziale in termini di aumento del reddito, sia contribuiscono allo sviluppo di attività nuove.
- Favorire l’acquisizione di competenze e promuovere la micro-imprenditoria e l’impiego dei gruppi più vulnerabili (giovani e donne) per creare nuove opportunità di lavoro e di investimento in settori produttivi ed economici sostenibili e ad alto valore aggiunto.
- Facilitare il trasferimento di competenze e di capacità professionali e finanziarie delle diaspore nei settori economici identificati.
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PROGRAMMA DISABILITA’ CAMERUN
Programma disabilità Camerun
Dokita, presente e operante in Camerun da più di vent’anni, in stretta collaborazione con la Promhandicam-Association, ha dato vita a numerose iniziative a sostegno di bambini disabili per combattere la loro esclusione sociale, promuovendone la partecipazione alla vita socio-economica e culturale della comunità tramite la riabilitazione e la prevenzione socio-sanitaria, l’educazione scolastica e la formazione professionale. La linea strategica degli interventi realizzati è quella di promuovere l’integrazione e la partecipazione di persone disabili, tramite il supporto e potenziamento di strutture già esistenti ed operative nei territori di riferimento.
Centri e servizi
Il Centro “Foyer dell’Espérance. Centre de réhabilitation” di Sangmélima è stato creato nel 1982 inizialmente per assistere le persone colpite dalla poliomielite, attualmente assiste gli orfani, i ragazzi/e maggiormente vulnerabili, e giovani con disabilità motorie e/o lievi ritardi mentali. Il centro offre un servizio residenziale per 30 ragazzi (tra i 5 e i 18 anni, di cui 25 con disabilità).
Dal 1984 Dokita Onlus è presente a Ebolowa con il Centro “Foyer Père Monti” che si occupa di minori con disabilità nelle funzioni della voce, uditive, visive e dell’apparato motorio. I minori ospitati presso il centro hanno un’età compresa fra i 4 e 17 anni. Il centro conta 80 iscritti, 73 con disabilità uditiva (91%) e 7 con disabilità motoria (9%). L’obiettivo di questo progetto è di favorire l’integrazione socio-economica dei minori con disabilità uditiva e motoria, attraverso servizi educativi e riabilitativi specializzati.
Oltre ad essere dotato di un centro audiometrico e di una sala di riabilitazione fisioterapica, Il Foyer Père Monti gestisce una scuola con insegnanti specializzati nell’insegnamento a persone diversamente abili. Il Centro offre inoltre un servizio residenziale per l’intera durata dell’anno scolastico (9 mesi).
L’accoglienza residenziale comprende la colazione e la pulizia personale, l’attività scolastica, il pranzo, l’attività di recupero scolastico, la formazione professionale, la pulizia dei propri abiti e della biancheria personale, l’aiuto alla cura e alla gestione del centro, proporzionalmente all’età. Il fine settimana è dedicato ad attività ricreative (visione di film e cartoni animati, organizzazione di feste e festività, attività teatrali e ludico-sportive), nonché la visita dei parenti. La scuola comprende 4 livelli, dalla scuola materna a al Corso Medio II.
Il centro è impegnato anche in attività di coinvolgimento delle autorità locali e della popolazione locale con attività di sensibilizzazione, al fine di tenere la comunità intera aggiornata sullo svolgimento dei lavori e sulle nuove possibilità di accoglienza del centro. Oltre ai beneficiari diretti che sono i minori accolti nel Centro, il progetto ha come beneficiari indiretti anche le loro famiglie, che vedono aumentate le capacità e le opportunità di integrazione sociale dei loro figli, e le autorità locali e i servizi sociali, che beneficiano del servizio erogato in un contesto di scarse risorse e opportunità sanitarie ed educative.
Il centro “Promhandicam” di Yaoundè gestisce l’unica scuola per bambini ciechi in Camerun che nel corso degli anni è stata trasformata in una scuola integrata per favorire l’integrazione sociale dei bambini ciechi e con disabilità motoria che frequentano la scuola insieme agli altri bambini normodotati. Essa comprende le sei classi del ciclo elementare alla fine del quale si ottiene il diploma di Fine Studi Elementari (CEP). Il Centro attualmente conta un effettivo di 140 alunni di cui 61 con disabilità fisica o psichica, e 79 bambini e giovani che non presentano problemi particolari.
I bambini ciechi studiano col metodo Braille; alla fine del secondo anno si insegna loro a utilizzare la macchina da scrivere/computer, oltre a nozioni di mobilità, di orientamento, e ad utilizzare il bastone bianco. Obiettivo ultimo è quello di preparare i bambini a vivere in modo autonomo nella loro vita quotidiana.
Il Braille è l’alfabeto e metodo di scrittura/lettura usato dalle persone cieche ed ipovedenti. Ufficialmente inaugurato durante la Giornata Mondiale della Vista il del 2003 (il 9 ottobre) il Centro di Produzione è un’estensione della Scuola per Bambini Ciechi. Grazie all’utilizzo di un software di sintesi vocale e uno schermo Braille, anche persone cieche possono lavorare alla produzione dei libri di testo. Inoltre, con la recente connessione ad Internet senza filo, i trascrittori sono adesso capaci di cercare dei testi su Internet e scaricare parti di un documento o l’intero testo. Con questo metodo il tempo di produzione per scrivere un libro diminuisce. Una volta trascritto il libro viene stampato direttamente in braille grazie a delle stampanti speciali (“stampanti braille”).
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Realizzazione della camera mortuaria dell'Ospedale Ngondo Maria
La Repubblica Democratica del Congo è un Paese dell’Africa centrale. La speranza di vita alla nascita è di 58 anni e il tasso di mortalità materna e infantile è molto alto. La zona di intervento è il comune di Makala dove emerge la necessità di attivare un servizio di conservazione delle salme, in quanto nella zona non era presente un obitorio.
Dokita Onlus supporta il centro ospedaliero Ngondo Maria realizzando una camera mortuaria (struttura e attrezzature). L’obiettivo è quello di diversificare la propria offerta di servizi e la loro qualità. Dato che in Africa i riti funebri durano diversi giorni, i corpi dei defunti vengono lasciati incustoditi e questo causa problemi di tipo igienico. Dokita Onlus ha deciso di investire sulla costruzione di una camera mortuaria e di un muro di cinta. Il centro ospedaliero non solo assicura la gestione dei decessi avvenuti ma sarà a disposizione di tutta la popolazione residente, che avrà, la possibilità di usufruire di una struttura per la conservazione delle salme e di spazi idonei alla pulizia e preparazione delle stesse. Dokita Onlus inoltre garantirà la formazione del personale che si occuperà della gestione della camera mortuaria.
circa 3.650 corpi/anno (in media 10 al giorno) – la popolazione del comune di Makala (330.204 abitanti) di Funa (1.768.505 abitanti) e di Mont Amba (1.822.130 abitanti)
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Potenziamento centro accoglienza bambini disabili, Ebolowa
L’iniziativa progettuale riguarda il Camerun, che si colloca tra i Paesi a debole indice di sviluppo umano, difatti la speranza di vita alla nascita è di 55,1 anni, la durata media della scolarizzazione che risulta di 5,9 anni. Per quanto riguarda l’ambito della disabilità si denota una mancanza di informazioni e di conoscenze specifiche sulle problematiche sanitarie, sociali e questo determina il permanere di forti pregiudizi, che assieme alla mancanza di sostegno e cure adeguate, generano un vero e proprio isolamento sociale ed economico.
I principali obiettivi del progetto sono in primo luogo il miglioramento delle condizioni sanitarie e sociali dei minori con disabilità in Camerun e in secondo luogo, la promozione, l’integrazione e la partecipazione sociale di 100 minori con disabilità residenti nelle zone oggetto dell’intervento alla vita socio-economica e culturale della comunità. Le attività si svolgeranno nel Foyer Père Monti di Ebolowa.
Le attività promosse da Dokita Onlus nello specifico sono:
- Accoglienza residenziale dei minori con disabilità
- Rieducazione uditiva e riabilitazione motoria dei minori con disabilità
- Istruzione scolastica ai minori con disabilità
- Insegnamento della lingua dei segni ai minori con disabilità
- Realizzazione di un corso di sartoria, di calzoleria, di allevamento e di piscicoltura
- Insegnamento della lingua dei segni ai familiari dei minori con disabilità
- Sensibilizzazione sull’uso della lingua dei segni
100 bambini e ragazzi con disabilità e le loro famiglie.
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Contrasto alla mortalità feto infantile post ebola
Budget
Valore complessivo del progetto:
€ 79.580,00
Totale finanziato:
€ 58.780,00
Il virus Ebola che ha colpito l’Africa Occidentale a partire dal 2014 si è rivelata una delle peggiori epidemie degli ultimi vent’anni. In Sierra Leone l’emergenza ebola ha accresciuto la già altissima mortalità feto-infantile e infantile dovuta ai fattori di rischio molto diffusi nell’Africa occidentale e centrale, quali la malaria, la dissenteria, e la polmonite. Nella fase più acuta dell’epidemia circa 2,5 milioni di bambini sotto i 5 anni sono stati esposti al rischio di contagio da Ebola nell’area di maggiore intensità virale (Sierra leone, Guinea e Liberia). Oggi in Sierra Leone, nonostante vi sia una attenuazione del virus, perdura un’alta mortalità infantile pre e post natale (128 neonati morti ogni 1.000), molto spesso dovuta al fatto che le giovani madri sono, senza saperlo, portatrici sane di Ebola. Nell’ambito dell’attuale fase le autorità locali e gli organismi internazionali raccomandano il veloce potenziamento dei presidi di neonatologia sul territorio, in grado di contrastare i fattori di rischio e soprattutto ridurre la mortalità post-parto.
Il progetto ha lo scopo di attivare, in stretta collaborazione con Scuola Infermieri Professionali statale di Makeni, un presidio stabile di neonatologia presso il Dipartimento Materno – Infantile dell’Ospedale Holy Spirit, principale riferimento sanitario della città di Makeni capoluogo del Distretto di Bombali.
- acquisto della strumentazione necessaria al funzionamento della neonatologia:
- – una pompa di infusione neonatale,
- – un apparecchio monitoraggio cardiopolmonare
- – una incubatrice neonatale;
- formazione specialistica di 10 infermieri;
- attività di informazione e sensibilizzazione verso la popolazione locale.
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ORFANOTROFIO P. MONTI, KINSHASA
Orfanotrofio P. Monti, Kinshasa
Dokita onlus, in collaborazione con l’associazione locale “OSPEOR”, lavora da oltre venticinque anni per aiutare i bambini di strada. Lo fa tramite una rete integrata di servizi residenziali e diurni che assicurano ai bambini un’assistenza sanitaria e alimentare, e la possibilità di ricevere un’istruzione scolastica e una formazione professionale.
L’OSPEOR si propone di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e delle opportunità di inserimento socio culturale di minori a rischio nell’area urbana di Kinshasa. Le attività possono essere raggruppate in due componenti: assistenza socio-sanitaria residenziale ed attività educativa di strada e reinserimento socio-familiare. Il progetto è diretto all’accoglienza (residenziale e diurna), all’educazione e al recupero di bambini orfani (soprattutto a causa delle guerre e dell’AIDS) o abbandonati. I bambini sono ospitati in due case alloggio. Tutti i bambini frequentano la scuola (dove si svolgono cicli di studio elementare e cicli di studio secondario) che accoglie gratuitamente tutti minori inseriti nel programma di recupero dell’Ospeor.
Attualmente il progetto dà sostegno a 148 bambini di strada o orfani bambini/ragazzi (30 interni e 118 esterni).
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